Via divieto agli extracomunitari guideranno bus e tram: «Io cacciato dal concorso, ora fatta giustizia»

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Domenica 6 Aprile 2014, 11:44 - Ultimo aggiornamento: 11:46
TORINO - W.N. un congolese di 42 anni che vive con la famiglia a Torino. Arrivato in Italia nel 2003, sposato con un’italiana con cui ha due bambine di cinque e sette anni. Ora un cittadino italiano a tutti gli effetti ma nel 2010, quando si era visto negare la possibilità di partecipare alla selezione per autisti del Gruppo torinese trasporti perché extracomunitario, aveva lo status di rifugiato. Preferisce che il suo nome non venga pubblicato.



La norma che le impediva di partecipare a quel concorso da oggi è cancellata, come si sente?

«Sono contento per chi ora non si vedrà negata la possibilità di un lavoro. Resta però l’amarezza per un’ingiustizia che comunque non è stata riparata».



Lei però nel 2013 ha vinto i ricorso al Tribunale di Torino contro Gtt...

«Si, ma non è servito a niente. Il giudice ha detto che hanno sbagliato e che è stata discriminazione non farmi partecipare al concorso, ma non è stata fatta vera giustizia. Gtt è stata condannata solo a pagare le spese legali».



Quale sarebbe stata vera giustizia?

«Mi aspettavo che il giudice mi desse la possibilità di fare un altro test a Gtt, invece non è stato così e io sono rimasto senza lavorare. Inoltre ho superato i 40 anni, che è il limite di età fissato nei concorsi per gli autisti da Gtt per cui non posso più partecipare a nessuna selezione».



Lei nel suo paese è laureato in Economia e Commercio, però si era impegnato per avere i requisiti richiesti per quel concorso?

«Avevo tutti i documenti necessari, ho speso molti soldi invano. Avevo preso tutte le patenti, mi è contestato oltre cinquemila euro. Ma non mi sono servite a nulla. Hanno detto che non potevo partecipare perché ero straniero».



Per lei cosa avrebbe significato fare quel concorso?

«Che avevo una possibilità come gli altri. Non voglio essere diverso, ma solo avere l’opportunità di mantenere la mia famiglia. Quello sarebbe stato un posto fisso che ci avrebbe dato sicurezza».



E dopo cos’ha fatto?

«Mi sono dato da fare. Ho dovuto pensare ad altro per poter portare i soldi a casa. Ho seguito la formazione per Operatore socio sanitario e ho lavorato come Oss da luglio dell’anno scorso fino a questo marzo. Ora però sono di nuovo disoccupato. Spero di trovare un lavoro al più presto perchè con il solo stipendio di mia moglie, che è anche lei un’operatrice socio sanitaria, non si riesce a vivere avendo due bambine».



Cosa ha significato per lei tutta questa vicenda?

«E’ stato difficile, ho sentito la discriminazione due volte. Sono sposato con una donna italiana e a casa ho due figlie italiane. C’è qualcosa che non va, anche loro sono italiane e come i loro coetanei hanno il diritto ad avere un padre che porta i soldi a casa. Impedirmi di fare quel concorso è stata un’ingiustizia anche nei confronti di mia moglie e delle mie figlie».