Quella di ieri è stata una giornata intensa sul fronte delle indagini. Oltre all’auto è stato esaminato l’appartamento in cui abitava l’indagato e la sua fidanzata, arrivata a Pordenone da Somma Vesuviana, è stata sentita per oltre cinque ore in caserma. Gli investigatori cercano tracce ematiche, perché il killer, avendo sparato da distanza ravvicinata, deve per forza essersi sporcato di sangue, probabilmente quello di Trifone, a cui ha sparato il primo colpo da circa 30 centimetri.
«Ma stiamo scherzando: non ho proprio parole per descrivere quel fatto, figuriamoci a essere accusato di una cosa del genere», ha detto ieri Ruotolo, il caporale dell'Esercito unico indagato nell'inchiesta sull'omicidio dei fidanzati. «Sulla mia accusa sono tranquillo. Sono sicuro di quello che ho fatto, ovvero niente», ha aggiunto, intervistato dal Tg1, Ruotolo che è l'unico indagato nell'inchiesta sull'uccisione di Trifone Ragone, 29 anni, originario di Monopoli (Bari), sottufficiale dell'Esercito, e la fidanzata, Teresa Costanza, 30 anni, originaria di Agrigento, trovati morti il 17 marzo scorso nella loro auto nei pressi del Palazzetto dello Sport di Pordenone, dove vivevano.
Ruotolo, che è originario di Somma Vesuviana (Napoli), città dove si trova da alcuni giorni in licenza, ha detto di non aver mai avuto una pistola («Mai, mai», ha sottolineato) e ha confermato di aver portato a spalle la bara di Trifone Ragone il giorno del funerale («L'ho portata io, insieme ad altri miei colleghi») spiegando che «era il minimo, era doveroso, essendo collega e amico».
Ha infine escluso di aver mai litigato con Trifone Ragone. «Io - ha detto - sono una persona che non litiga mai con nessuno ma anche lui era una persona solare».