Torino, piazza San Carlo parla Appendino: «Aggirate alcune norme di sicurezza»

Piazza San Carlo
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Venerdì 20 Aprile 2018, 23:00 - Ultimo aggiornamento: 21 Aprile, 17:12
Un grande evento da quarantamila spettatori organizzato in soli quattro giorni. Con pochi soldi. Praticamente senza sponsor. Aggirando norme e regolamenti. Ignorando una circolare in materia di sicurezza del Capo della polizia. Con dirigenti, funzionari e operatori che non si scambiavano le informazioni necessarie.

Queste, secondo l'inchiesta della procura di Torino, furono le circostanze che precedettero la proiezione su maxischermo della finale di Champions League in piazza San Carlo, sfociata in una calca che costò 1.500 feriti e la morte di una donna. I pubblici ministeri hanno depositato in cancelleria 16 mila pagine di atti dopo avere consegnato a 15 indagati (con l'ex capo di gabinetto Paolo Giordana e l'allora questore Angelo Sanna) il rituale avviso di conclusione delle indagini preliminari per disastro, lesioni e omicidio colposo.

Una parte delle accuse trapela dal verbale dell'interrogatorio della sindaca, Chiara Appendino, reso il 20 novembre alla presenza dei suoi difensori. La prima cittadina è chiamata in causa anche come Ufficiale di Governo (in base a una legge del 2000) cui toccavano alcune incombenze per «evitare pericoli». Quando i pm le chiesero perché non fece un'ordinanza che evitasse la circolazione fra i tifosi in piazza di bottiglie di vetro, che nei tumulti si ruppero trasformandosi nel tappeto di cocci che ferì moltissime persone, rispose che «nessuno dei miei uffici mi segnalò il problema». «Sapevo - dice - che vi erano altri organi preposti, e in particolare la questura e la Commissione provinciale di vigilanza, che avrebbero dovuto intervenire su queste materie. Se nessuno dei miei uffici mi segnala questa necessità, io non ho motivo di prendere un provvedimento di tal fatta di mia iniziativa».

Del problema delle transenne, che furono sistemate in modo tale da impedire alla folla in preda al panico di fuggire, non le dissero nulla. «Sapevo che su tutte le questioni legate alla sicurezza c'erano delle riunioni. E forse un mio intervento sarebbe stato inopportuno perché avrei interferito in un campo estremamente tecnico e non di mia competenza». A organizzare la manifestazione fu Turismo Torino, società partecipata del Comune. Quattro giorni, secondo la sindaca, furono sufficienti: «ho ritenuto che fosse in grado» perché «aveva le capacità» e perché nel 2015 aveva pianificato la proiezione della partita fra Juventus e Barcellona.

Nessuno le disse che senza sponsorizzazioni e contributi Turismo Torino faticava a procedere: «apprendo ora i dettagli», spiegò ai pubblici ministeri che le fecero presente come Fca, almeno fino a quel momento, ancora non aveva versato i 2.500 euro previsti.
Domanda: il regolamento comunale prevede che per occupare una piazza aulica si debba presentare istanza 40 giorni prima. Risposta: «Abbiamo derogato. Peraltro
«​per quanto mi consta è un termine che non è mai stato ritenuto tassativo»​. Per il resto, la sindaca si affidò dei collaboratori. «​Non compete al mio ruolo di sindaco vedere e vagliare concessioni e autorizzazioni. Non sono mai entrata nel merito dell'iter burocratico dei provvedimenti. Vi erano dei funzionari preposti a tali compiti e questo mi dava sicurezza. Se qualche singolo ha tenuto comportamenti anomali rispetto al suo ruolo io questo non lo posso sapere e mai ne sono stata informata»​. In 20 novembre, nell'ufficio del procuratore capo Armando Spataro, davanti ai pm Vincenzo Pacileo e Antonio Rinaudo, Appendino fece mettere a verbale anche queste parole: «​Ovviamente sono venuta a rispondere alle domande, e a difendermi, ma ciò non toglie il dolore che la comunità che rappresento, e che io stessa ho provato, per il tragico evento»​.
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