Ignoranza, eccessi ed insensibilità: così nascono quelle trappole on line

Ignoranza, eccessi ed insensibilità: così nascono quelle trappole on line
di Maria Lombardi
3 Minuti di Lettura
Giovedì 15 Settembre 2016, 08:12
Qualche metro le separa ed è un abisso. Loro guardano e riprendono, in sottofondo qualche risate, lei subisce senza nemmeno la forza di un urlo. Loro forse già pensano alle immagini da spedire in giro, lei soffre di un male totale che solo dopo capirà. In mezzo c'è un telefonino, un muro invisibile, una parete trasparente che allontana e trasforma tutto. Il confine oltre il quale la realtà diventa uno show e i sentimenti vanno a morire. L'amicizia e molto altro sparisce dietro quello schermo. Non ci sono più le amiche, la relazione è interrotta: c'è solo chi filma e chi è filmato, perché niente conta di più. Comincia un'altra storia, con quel play, ed è molto dolorosa, cambierà la vita di tutte. Così come è stata stravolta quella della donna che si è uccisa perché in rete era finito un video hard. Storie diversissime, ma di mezzo ci sono sempre le immagini e il nostro esserne ormai vittime.
Reality e realtà, per chi è cresciuto con un smartphone in mano non c'è differenza. La vita si guarda, il reale è solo post, quello che si condivide.

L'INDIFFERENZA
«Tra fiction e realtà non c'è più distanza e questo per i ragazzi può essere devastante, fa perdere loro i confini spazio-temporali dell'esperienza», spiega Maria Beatrice Toro, docente di psicoterapia e psicologia di comunità all'università Lumsa di Roma. «Se ogni evento è decontestualizzato, se si vive immersi nella virtualità si finisce per perdere l'empatia, che è la capacità di sentire e di capire. Senza empatia non si può cogliere il senso di quello che sta accadendo. Il risultato è che non si è più collegati alla realtà». Perennemente connessi eppure disconnessi.
Al limite dell'indifferenza. Come le amiche che filmavano mentre la diciassettenne di Rimini veniva violentata in un bagno. Erano lì e se non fosse stato per quelle immagini era come se non ci fossero. Hanno visto senza far nulla, testimoni cieche di uno stupro. Nella smania di diventare loro stesse protagoniste, come autrici del video, hanno ignorato la vittima. «È il potere disumanizzante del telefonino, può essere uno strumento virtuoso o atroce, può salvare o distruggere una vita. Può essere un ponte o può essere un muro. Nel caso delle ragazze di Rimini ha funzionato da barriera, dietro lo schermo loro non sono state capaci di connettersi con il reale e di gestirlo. La tecnologia le ha anestetizzate».

I BULLI
Nessuna pietà per chi sta dall'altra parte dello schermo. A Bollate, un anno fa, una ragazza venne picchiata all'uscita di scuola da una rivale. Altre compagne lì intorno, con il telefonino, riprendevano la scena invece di aiutarla. Una sciocchezza replicata all'infinito diventa una condanna definitiva. L'errore finito in rete non si cancella più inutile invocare il diritto all'oblio (sul web è relativo, praticamente impossibile, le immagini che si vogliono cancellare spunteranno sempre da qualche parte) e anche quello allo sbaglio. Le scene hot messe online possono trasformarsi in veri e propri stupri virtuali, a volte con risvolti più drammatici. La sessualità tra ragazzi è sempre più pubblica e sempre meno relazione. Eppure sempre più ragazzini lo fanno, con leggerezza: il 13 per cento dei teen condivide foto hard, alcuni per fare colpo, altri per scherzo, l'8 per cento confessa di aver praticato sexting in cambio di un regalino, anche solo una ricarica.
Non sanno che si social si può anche morire. È accaduto a tanti ragazzi in questi anni, vittime di bulli, e adesso anche a una donna. Carolina Picchio aveva 14 anni quando si è lanciata dalla finestra a Novara, era il 5 gennaio 2013. I bulli la prendevano in giro sul web. Il padre chiede che sia fatta giustizia così. «Chi l'ha fatto dovrebbe andare in giro nelle scuole per anni a spiegare quanto male hanno fatto con il loro video».