Testimone di Geova in fin di vita accetta una trasfusione. La famiglia precisa

Testimone di Geova in fin di vita accetta una trasfusione, Grazia ripudiata dalla comunità: «Mi hanno tolto le mie figlie»
di Alessia Strinati
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Venerdì 22 Giugno 2018, 21:34 - Ultimo aggiornamento: 26 Giugno, 18:13
Ha deciso di vivere e di non lasciarsi morire, ha deciso di ricevere una trasfusione, ma questo le ha cambiato l'esistenza. Grazia Di Nicola è una casalinga di 48 anni madre di quattro figli, vive a Colliano, un paesino in provincia di Salerno ed è una Testimone di Geova. Il suo credo però ha quasi richiato di farla morire: dopo un intervento è stata necessaria una trasfusione (vietata dalla religione), ma che lei ha accettato di fare per non morire.



Un peccato imperdonabile per la sua chiesa, tanto che Grazia si è trovata ad essere umiliata dai suoi "fratelli di culto". Fu lei a introdurre la religione in casa sua, anche contro le iniziali resistenze del marito, convince tutti  (marito e poi i figli) a frequentare gli incontri, convinta che quel credo fosse l'unica possibiltà di salvezza. Quando si opera nel 2016 per un tumore, sceglie una clinica che le garantisce che non le verranno fatte trasfusioni, ma perde molto sangue e la trasfusione diventa necessaria per la sopravvivenza.

Grazia sceglie di vivere, ma la sua scelta non viene perdonata dagli anziani e dalle sue tre figlie che quindi la ripudiano. Oggi la donna vive un vero dramma. Dopo aver subito numerose umiliazioni per essere riaccettata nella comunità dopo la trasfusione, decide di allontanarsene ma in questo modo perde le figlie che non la riconoscono più come madre e l'accusano di aver tradito Geova. Le figlie, tranne il maschio che le è rimasto vicino, come riporta anche FanPage, vivono a casa di un anziano e non sembrano voler ritrovare il dialogo con la donna che è disperata non solo per la lontanaza dalle ragazze, ma perché teme per la loro incolumità all'interno della setta. 
 
 
La famiglia precisa. "Siamo le tre figlie di Grazia Di Nicola, cui si fa riferimento nel pezzo di Alessia Strinati. Siamo rimaste sconcertate dalle informazioni false che abbiamo letto sui giornali; tra l’altronessun giornalista della vostra redazione si è degnato di contattarci per ascoltare anche la nostra versione dei fatti. La sensazione è che qualcuno aveva deciso di colpire noi personalmente e la nostra religione a prescindere da quale fosse la verità. Non vogliamo perdere tempo a correggere tutte le informazioni errate incluse nell’articolo; quello che ci preme precisare è che noi abbiamo sempre rispettato -- e rispettiamo -- nostra madre, a prescindere dalle decisioni che ha preso in campo religioso. Il motivo per cui non siamo più in casa con lei non ha niente a che fare con le nostre credenze religiose. Ciò che ci ha spinto a lasciare casa nostra sono stati i continui maltrattamenti psicologici e fisici a cui ci sottoponevano i nostri genitori (entrambi non Testimoni di Geova) per obbligarci ad abbandonare la nostra religione. Per ben 17 giorni siamo state vittime di insulti e percosse da parte dei nostri genitori. A un certo punto, a ottobre 2016, nostra madre è arrivata a darci un ultimatum di un mese per farci cambiare le nostre idee e portarci a "pensare come lei". Quel giorno stesso, però, lei stessa ha mandato via di casa una di noi dopo averla picchiata fino al punto di farle perdere conoscenza. In quell’occasione questa nostra sorella è finita all’ospedale, dopodiché ha informato i carabinieri di quanto era accaduto. Noi sorelle non abbiamo mai voluto far perseguire penalmente nostra madre e nostro padre per gli abusi subiti (sono sempre i nostri genitori), ma abbiamo notato che il loro comportamento è andato via via peggiorando. Ci dispiace che stiano strumentalizzando la situazione per mettere in cattiva luce la nostra religione".
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