Sale l'allerta in Italia, rischio ritorsioni sulle forze di Polizia

Sale l'allerta in Italia, rischio ritorsioni sulle forze di Polizia
di Cristiana Mangani e Sara Menafra
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Sabato 24 Dicembre 2016, 09:08 - Ultimo aggiornamento: 12:13

ROMA Sono le 7,30 di ieri mattina quando il capo della polizia Franco Gabrielli firma una circolare nella quale chiede «massima attenzione» nei confronti di poliziotti e di tutto il personale delle forze dell'ordine. L'uccisione di Anis Amri è avvenuta da qualche ora, e i vertici del Dipartimento di pubblica sicurezza sanno bene che ora il rischio sono «le possibili ritorsioni» contro chi indossa una divisa. Per questo Gabrielli invita a non abbassare la guardia, disponendo di intraprendere ogni iniziativa utile per garantire la massima sicurezza e la tutela degli operatori. Gli agenti che hanno bloccato il killer di Berlino saranno proposti per la promozione per meriti straordinari. Ma nel frattempo il livello di allerta è elevato al massimo e i presidi di militari e forze dell'ordine sono stati rinforzati.
Esperti di intelligence non escludono infatti che il tunisino sfuggito alla Germania, volesse concludere la sua missione con un attentato simile a quello di Berlino, magari in qualche città italiana del Nord. E quindi dai vertici del Viminale si invita all'attenzione massima. Squadre antiterrorismo in giro per le città e la questura della Capitale che ha disposto il divieto di circolazione dei camion nel centro durante le feste natalizie. Ai varchi di alcune piazze sono stati già montati jersey e betafence, una sorta di transenne in muratura, per vietare gli ingressi ai mezzi di trasporto e facilitare i controlli. «Dovremmo imparare a vivere come se fossimo a Tel Aviv - avverte un esperto di terrorismo analizzando la situazione del nostro paese - Del resto, oggi a Parigi, per entrare in un centro commerciale devi aprirti la giacca, evitare borse voluminose, e accettare tutti i controlli».

I BERSAGLI
Ma ora, oltre alle feste, ai mercatini, ai centri commerciali e a tutti i luoghi di ritrovo, l'allarme riguarda le forze dell'ordine. Sempre Gabrielli non molto tempo fa aveva scritto una lettera personale ai questori firmata a mano, nella quale chiedeva a ognuno di loro, a dirigenti e funzionari, «di svolgere nei confronti del personale una accurata opera di sensibilizzazione sull'esposizione al rischio e su come debba essere affrontata». Perché non sempre basta la forza, servono anche la dedizione e l'intuito. Il prefetto chiariva quanto un poliziotto possa rappresentare «un bersaglio». «La dinamica del terrorismo jihadista si prefigge proprio questo - aveva sottolineato nella sua comunicazione - di colpire anche chi abbia una valenza simbolica, in modo da amplificare l'effetto, generativo di insicurezza, movente principale delle loro azioni». E per questa ragione - aveva aggiunto - «la consapevolezza di vivere un pericolo latente è un fattore chiave per garantire la sicurezza del singolo dipendente e di tutti i colleghi».

LE ARMI
Dunque, è necessario che «il personale anche nell'espletamento di attività apparentemente di routine, quali a esempio i servizi presso i corpi di guardia, tenga un atteggiamento intelligentemente vigile che possa consentire di individuare il dettaglio capace di rivelare e anticipare una possibile azione violenta». Insomma, è importante che il livello dei controlli sia alto, ma è necessario anche che ognuno faccia la sua parte. Ed è per questo che Gabrielli scrive ancora oggi chiedendo di evitare «i cali di attenzione», «di portare l'arma in tutte le situazioni in cui ciò è previsto», perché «contribuisce a incrementare le capacità di dissuasione e di risposta in presenza di comportamenti e condotte ostili».
La lettera si concludeva con l'analisi dell'elemento umano, considerato fondamentale, e riguardava «la capacità di intuire il pericolo: uno dei bagagli più preziosi dell'operatore di polizia. Anche questo può contribuire - aveva sottolineato - a sventare atti ostili o violenti, assicurando un immediato intervento che potrà risultare decisivo per salvare vite umane innocenti».