Ischia, al G7 un patto con i big del web contro il terrorismo in rete

Ischia, al G7 un patto con i big del web contro il terrorismo in rete
di Cristiana Mangani
3 Minuti di Lettura
Venerdì 20 Ottobre 2017, 09:48 - Ultimo aggiornamento: 17:07
dal nostro inviato
ISCHIA Un database comune per tutti, parole chiave, e coinvolgimento anche dei provider minori. I quattro grandi del web - Google, Microsoft, Facebook e Twitter - si presenteranno all'incontro di questa mattina per il G7 di Ischia, con un accordo già pronto, che dovrà essere sottoposto ai Grandi del mondo e sul quale certamente, alla fine, saranno tutti concordi, Stati Uniti compresi. Un piano di contrasto forte al terrorismo e a ogni forma di estremismo online.

RACCOLTA DATI
Nell'enorme database che verrà istituito, confluiranno tutti i dati sensibili, ovvero quelle foto e quei video che vengono segnalati, ma anche soltanto individuati dal sistema. Scene di guerra, esecuzioni dei killer del Califfo e tutta quella propaganda che ha l'obiettivo di diffondere il messaggio e di radicalizzare. Un meccanismo automatico bloccherà le immagini che poi verranno etichettate con un hashtag negativo. Una sorta di impronta digitale che impedirà la diffusione di quel contenuto. Qualcosa che somiglia molto al sistema già adottato per la pubblicazione di foto e video pedopornografici.
La questione è più complessa, però, quando si tratta di testi scritti. C'è in ballo la libertà di espressione, ma verranno ugualmente individuate delle parole chiave, che verranno bloccate con un sistema automatico di individuazione, oltre che con le segnalazioni. Le tre sessioni che verranno sviluppate oggi riguarderanno anche il coinvolgimento delle piattaforme di comunicazione minori, come Telegram, Tinder, e tutti quei luoghi virtuali dove si esprimono i giovanissimi.
I quattro big della Silicon Valley hanno annunciato l'accordo alle Nazioni unite nella riunione che si è svolta il 20 settembre. Nella stessa occasione, Google ha dichiarato di aver investito cinque milioni di dollari come finanziamento per supportare soluzioni tecnologiche e iniziative di base, quali i progetti per i giovani che aiutino a promuovere la resistenza alla radicalizzazione. Al centro della discussione anche YouTube, molto criticato per la scelta di mantenere online i video che ricostruivano dietro alla strage di Las Vegas teorie del complotto e messaggi legati alla destra estrema americana.

L'ACCORDO
Quella che sarà siglata oggi dai ministri e dai big della Rete è un'intesa su cui si lavora da mesi e sulla quale l'Italia ha puntato molto. Perché, come ha ricordato più volte il ministro dell'Interno Marco Minniti, quasi l'80 per cento delle radicalizzazioni avviene tramite il web e dunque è lì, e non solo nel deserto di Siria e Iraq, che bisogna intervenire. Ma l'alleanza strategica tra le grandi democrazie e i grossi provider punta, in prospettiva, a svilupparsi anche su un altro fronte a rischio: gli attacchi dei cybercriminali, singoli hacker o vere e proprie organizzazioni spesso pagate dai governi, che mirano a condizionare elezioni, rubare segreti industriali, armi e dati sensibili, per poi rivenderli o utilizzarli per i propri fini.
Tutto questo mentre è scesa in campo pure l'Unione europea che si sta muovendo per contrastare il fenomeno. Lo ha spiegato l'ambasciatore Giulio Terzi, durante il convegno sulla Cyber security in Europa, che si è svolto ieri all'università Cattolica del Sacro cuore di Roma. «Con il Regolamento sulla Protezione dei dati e la Direttiva sulla sicurezza della Rete - ha dichiarato il diplomatico - l'Unione Europea sta creando le premesse per un'evoluzione molto significativa. Per la prima volta sarà realizzato in Europa un sistema unitario nella sicurezza dell'informazione, posto sotto la responsabilità delle Autorità nazionali, con la supervisione di quelle europee, regolato da comuni standard di sicurezza».