In particolare sono indagati per aver allacciato e mantenuto contatti, anche attraverso il web, con soggetti in Marocco e Francia, anche loro radicalizzati, e per aver favorito l'invio di foreign fighters nell'area siro-irachena, intenzionati ad unirsi alle milizie jihadiste, oltre ad aver sostenuto economicamente alcuni combattenti. Il 32enne era, inoltre, già stato tratto in arresto in Marocco, nel 2016, dalle Autorità di quel paese (e poi condannato) con l'accusa di «finanziamento a gruppi terroristici di matrice jihadista». I due sono stati rimpatriati in Marocco. Con tali rimpatri salgono così a 313 le espulsioni eseguite dal gennaio 2015 di cui 76 nel 2018.
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