Terremoto, il vescovo: «In inverno non lasciamoli soli. Prendiamo un caffè con loro»

Terremoto, il vescovo: «In inverno non lasciamoli soli. Prendiamo un caffè con loro»
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 31 Agosto 2016, 12:06
dal nostro inviato
AMATRICE - Man mano che si avvicina l'ora dell'ultimo saluto sotto il tendone di plastica il sole lascia il posto alle ombre. Tutto si fa scuro. Anche il cielo ad Amatrice vuole singhiozzare. Un tuono rimbomba da lontano. Monsignor Domenico Pompili, vescovo di Rieti, si dirige lesto dietro lo spiazzo dove si celebrano i funerali davanti a 38 bare. Altrove si sono celebrate altre esequie. Monsignore dove sta andando? Vado al cimitero a benedire altri defunti. Tre bare di cui una bianca. Ad essere spazzata via è una famiglia, padre, madre e un ragazzino.

Cosa può dire a chi è straziato per la perdita di un figlio o un fratello?
«Ben poche parole. Io mi affido a quello che mi suggerisce il cuore. Il silenzio di un abbraccio è potente. In questi giorni ho visto che stare vicino a chi è straziato è importante. Serve un contatto anche fisico. Una carezza, una mano appoggiata sul volto per asciugare le lacrime. E poi ascoltare cosa ti dicono, cosa ti raccontano. Il dolore si deve esprimere ed è un flusso che non va interrotto. Il lutto va elaborato, bisogna piangere, buttare fuori l'angoscia. Il dolore represso è la cosa peggiore».

 

Passato il momento del lutto, arriverà inevitabile anche il momento dei bilanci. Ci sono inchieste aperte. C'è la questione relativa ai restauri del campanile di Accumoli che sono stati seguiti dalla curia di Rieti. Ci sono state delle mancanze? Come procederete?
«Sto aspettando le carte dal nostro ufficio tecnico. Non voglio dire nulla prima di vedere quelle carte. Sono io il primo ad essere interessato. Mi metto a completa disposizione della magistratura. In questi giorni di lutto sono impegnato nell'emergenza, oggi c'è il funerale, e poi naturalmente mi occuperò di questa pratica».

Molti si chiedono dove era Dio. Il bilancio è pesante, ci sono quasi 300 vittime tra cui tanti bambini.
«La domanda che ci dobbiamo fare, sulla quale dobbiamo riflettere tutti è: dove era l'uomo? Non possiamo usare il nome di Dio per evitare di fare i conti con noi stessi».

Quindi dove era l'uomo che non ha fatto i controlli, che non ha progettato bene, che non ha evitato l'abuso edilizio, che ha corrotto funzionari o tratto profitti sulla pelle della gente?
«Già. Dove era l'uomo e dove erano i controlli?».

Mentre si avvia all'uscita del cimitero (anch'esso lesionato) la gente lo ferma per salutarlo, abbracciarlo, per ringraziarlo. Alcuni hanno le lacrime agli occhi.
E adesso come procederete nella diocesi, come vi organizzate?
«Non dimenticateci dopo i funerali, quando i riflettori si saranno spenti. Qui tra poco arriverà l'inverno e il brutto tempo, e con il freddo il rischio alto è la solitudine».

Di cosa c'è più bisogno nelle tende che lei ha visitato?
«Di affetto. Di tanto affetto. Se mi permette vorrei fare un appello attraverso il Messaggero. Nelle prossime settimane serviranno volontari disposti a trascorrere del tempo con la gente che ha perso tutto. La compagnia aiuta a far sì che le giornate non siano così lunghe. Le giornate nelle tende possono essere interminabili. Fare due chiacchiere, una partita a carte, prendere un caffè. Chiunque potrà farlo e sarà il benvenuto».

E invece il Papa quando verrà?
«Lo farà non appena si potrà. La visita avverrà più avanti, di sicuro non lascerà soli i terremotati. Oggi al funerale ha voluto mandare l'elemosiniere pontificio, monsignor Kraiewski, in segno di vicinanza e affetto».

Don Domenico guarda in alto. Continua a piovere. «Sono le lacrime del cielo».