Terra dei fuochi, chi è Cipriano Chianese, re delle ecomafie

Cipriano Chianese
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Martedì 10 Dicembre 2013, 11:27 - Ultimo aggiornamento: 11:31
Cipriano Chianese uno che si fatto da solo e, nonostante abbia accumulato milioni di euro per anni ha continuato ad abitare proprio a Parete, nel centro del paese, in corso Vittorio Emanuele.



Viene da una famiglia povera, ma si impegna: si iscrive alla facoltà di legge e nel tribunale di Santa Maria Capua Vetere coltiva amicizie importanti. Quando nel luglio del 1976 si marita con Filomena Menale ha per testimone il giudice Ettore Maresca. Si vanta di essere amico anche di un altro magistrato, Enzo Scolastico, e di un colonnello dei carabinieri, Domenico Cagnazzo.



Intanto si laurea e comincia a coltivare anche altre amicizie, quelle che contano nella malavita. Racconta Raffaele Ferrara, capozona dei Casalesi a Parete, arrestato nel ’98: «Quando io mi rapportavo con Chianese lo facevo principalmente come amico; io lo stimavo molto essendo un uomo di successo. Spesso andavo da lui per vedere le sue automobili (ogni due mesi cambiava la macchina, avvicendando Bmw nuove, Mercedes, Ferrari).



Una volta addirittura comprò un autobus con il quale voleva portare in gita tutti i suoi amici e parenti, in modo da stare tutti insieme. Facevo con lui le corse con le macchine, per le strade della zona. Chianese era miliardario e megalomane e aveva piacere e interesse ad essere nostro amico». Secondo il pentito, Chianese è in ottimi rapporti con Francesco Bigìdonetti condannato un mese fa a venti anni di carcere proprio per la gestione dei rifiuti e in particolare della Resit.



Don Cipriano ha rapporti stretti con Cicciotto per gli enormi guadagni che riesce a procuragli. Nel luglio del 2002 Raffaele Ferrara spiega ai magistrati: «Trattandosi di una persona che procurava ingenti somme ai capi e al clan, non era pensabile poterlo intimidire e anzi la situazione era completamente rovesciata: ero infatti io a dover avere paura di lui, perché se solo avesse parlato male di me con Bidognetti per qualsiasi motivo – fondato o meno – ciò avrebbe potuto significare la mia morte».



Anche Dario De Simone, luogotenente di Trentola Ducenta, prima di diventare collaboratore di giustizia, scelse Chianese come avvocato. E il 14 luglio del 2007 spiega perché: «Ebbi a nominarlo come mio difensore, 52 unitamente all’avvocato Emilio Martino, a partire, all’incirca, dal 1988. Era usuale effettuare una duplice nomina difensiva in modo da poter sfruttare possibili vizi di notifiche. Trattandosi, inoltre, di persona ben inserita negli ambienti giudiziari, dalla stessa era possibile ottenere informazioni riservate».



Dalla fine degli anni Settanta l’avvocato di Parete affianca all’attività di legale quella di smaltitore di rifiuti. E, almeno a sentire i pentiti, lo fa con l’aiuto del Clan. Chiarissimo su questo punto il manager pentito, Gaetano Vassallo, che per anni con Chianese ha gestito i traffici dei rifiuti. : «Per il primo periodo e fino all’arresto dei responsabili, si agì attraverso lo schermo societario della Ecologia ’89, società gestita da Cerci Gaetano per conto della famiglia Bidognetti, ma sostanzialmente creata dall’avvocato Cipriano Chianese».



E ancora: «In pratica la tangente sui rifiuti perveniva sia al clan dei Casalesi, sia ai Mallardo in parti uguali, attraverso tre società commerciali – ossia meri intermediari – create ad hoc da Cipriano Chianese, vero ideatore dei traffici». Vassallo riconosce a Chianese un ruolo preminente nell’organizzazione.



Sarebbe stato l’avvocato di Parete a introdurlo nel giro delle amicizie importanti: «Chianese operava soltanto con i rifiuti speciali e fu lui a indicare a Cerci la possibilità di rivolgersi a me per trafficare i rifiuti solidi urbani extraregionali. Ricordo con precisione che mi presentò a Cerci: mi disse che si trattava del nipote di Cicciotto e mettere a disposizione». Ma i rapporti tra i due manager d’assalto restano sempre tesissimi: «Avevo difficoltà a relazionarmi con Chianese perché sapevo che era inaffidabile e non mi piaceva il suo modo di fare: lui ti “magnava” ed era peggiore dei delinquenti».



Tutti i pentiti, del resto, concordano sui rapporti tra l’avvocato e il clan: «L’avvocato Cipriano Chianese», dice Ferrara, «è persona che pur non essendo affiliata al sodalizio dei Casalesi era strettamente legata allo stesso da intensi e continui vincoli di affari». Secondo Dario De Simone il legale aveva cominciato la sua ascesa acquistando terreni con l’aiuto dei Casalesi: «Chianese chiese a me direttamente di intercedere a suo favore presso Pasquale Pagano. Infatti voleva acquistare un terreno sito tra Parete e Giugliano di proprietà di Pagano, ma questi si rifiutava di vendere. Su richiesta dell’avvocato intervenni presso il proprietario, il quale proprio a causa del mio intervento, si decise a cedere il terreno».



In cambio, una volta create le discariche, lui sarebbe stato disponibile ad accogliere le auto utilizzate dai killer del clan per gli agguati. I Casalesi sono pronti a intimidire e minacciare per accontentare l’avvocato, ma non sempre centrano l’obiettivo: «Chianese voleva acquisire quote della società dell’acqua minerale Ferrarelle, ma non riusciva a realizzare questo proposito, evidentemente per il diniego opposto dai proprietari», racconta De Simone.



«Chiese a noi, come clan dei Casalesi, di intervenire in suo aiuto intimidendo i proprietari di detta società. A me consta che venne dato incarico a Michele Iovine di Casagiove di attuare questa azione di intimidazione e, infatti, venne portato a termine un attentato e cioè venne fatto esplodere un ordigno presso la fabbrica della Ferrarelle di Riardo. Per quello che a me risulta, l’intimidazione non piegò i proprietari e, comunque, Chianese non riuscì ad entrare nella società».



L’avvocato, è ancora la tesi dei pentiti, gestiva la Setri attraverso i fratelli Roma e mandava avanti le discariche dei Tre Ponti. Secondo Vassallo uno degli invasi di Chianese «fu perfino, per un periodo, gestito direttamente da Vincenzo Zagaria», uno dei boss più temuti. Nel ’92, racconta Gaetano, si tentò di unire le forze e creare una unica società: «Vi furono varie riunioni a Casal di Principe presso l’ufficio della Ecologia ’89, alle quali ho partecipato personalmente, ed erano presenti Dario De Simone, Vincenzo Zagaria, Francesco Bidognetti, Enzo De Falco, l’avvocato Cipriano Chianese, mio padre e mio fratello Nicola. Vincenzo Zagaria… intendeva far sì che nascesse un’unica società tra me e Chianese che gestisse la discarica nel terreno di Giuliani. In sostanza io mettevo le autorizzazioni, Chianese aveva i clienti, Giuliani aveva il terreno e Zagaria metteva la forza del suo clan. I proventi sarebbero poi stati divisi in percentuale secondo le quote sociali che erano paritarie».



Ma non se ne fece niente perché Vassallo venne arrestato nel ’92 e poi ancora nel ’93. Intanto nella discarica di Chianese erano stati smaltiti gran parte dei fanghi dell’Acna di Cengio. Nel ’94 l’avvocato tenta l’avventura politica e si candida al Parlamento nella lista di Forza Italia. Ma senza fortuna. Secondo Ferrara, Bidognetti, che era già in carcere, in quell’occasione si sarebbe rifiutato di dare una mano al candidato.



«Ricordo che chiese i voti proprio a me e mi promise che se fosse stato eletto si sarebbe battuto per far avere più lavori pubblici a Parete (lavori pubblici che noi poi avremmo gestito) e per non far inasprire le leggi antimafia. Ma il figlio di Bidognetti, Aniello, e lo stesso Luigi Diana, molto legato 55 a Cicciotto ’e mezzanotte e suo prestanome, mi dissero che il capo aveva dato ordini che non doveva essere aiutato nelle elezioni perché non si stava più comportando bene».



Diversa la versione di Dario De Simone, che però in quegli anni era in contrasto con Cicciotto: «Come clan dei Casalesi, abbiamo sostenuto Chianese nella campagna elettorale nella quale è stato candidato per la lista di Forza Italia. Non ricordo se si tratta di una recente competizione politica o amministrativa. La richiesta di sostegno mi venne fatta dall’avvocato Emilio Martino, suo socio nello studio professionale. Abbiamo attivato i nostri affiliati per far votare Chianese nei comuni dove doveva raccogliere i voti e ciò io ho fatto direttamente a Trentola e nei comuni limitrofi. Ci siamo attivati perché sapevamo di poter poi contare su di lui che, se fosse stato eletto, si sarebbe messo a nostra disposizione. Lo era già prima e lo sarebbe stato a maggior ragione anche dopo. Gli abbiamo fatto prendere tantissimi voti ma non è stato eletto anche perché concorrevano candidati con una ben più lunga esperienza politica dell’avvocato di Parete».



Ma non è certo l’insuccesso politico a bloccare l’avvocato: i suoi affari continuano a prosperare. .Il tribunale di Roma riesce a dimostrare una colossale truffa ai danni di alcuni comuni dei comuni laziali. Gaetano Cerci, parente di Bidognetti, in collegamento con i fratelli Roma (poi finiti in galera), che provvedono al trasporto, e con i proprietari delle discariche, Vassallo e Chianese, riesce a imporre un prezzo enorme alle amministrazioni (tra le le 60 e le 200 lire al chilogrammo) per smaltire i rifiuti urbani. Come? Sostenendo di avere il monopolio del settore. Nel processo piovono le condanne, ma Chianese viene assolto.



Quando scoppia l’emergenza rifiuti l’avvocato collabora con il commissariato al quale “fitta” le sue sempiterne discariche per trenta milioni di euro. E non è finita: nel 2002 partorisce un nuovo colpo di genio, un impianto di riciclaggio a Parete. Scattano due distinte inchieste giudiziarie che travolgono l’amministrazione del comune casertano e i vertici del commissariato. Nel gennaio del 2006 i giudici Vertaldi, Forte e Cairo dispongono il sequestro del suo patrimonio. Si scopre allora che l’avvocato aveva accumulato una fortuna.



Nell’elenco dei beni da sigillare figurano: le quote della Resit e della Griciplast; un fabbricato con annesso suolo e due terreni a Parete, un complesso a uso industriale e artigianale, formato da quattro edifici nella stessa città; due appartamenti a Roma; cinque a Caserta; un fabbricato e un terreno a Sperlonga; un complesso alberghiero a Formia; otto terreni a Giugliano; titoli e contanti depositati in vari istituti di credito del Casertano per un totale di circa venti milioni di euro; un’imbarcazione di venti metri ormeggiata a Gaeta. L’avvocato finisce in manette. Si avvia un procedimento. Poi parla Vassallo e per Chianese è una valanga. I processi si susseguoni i pentiti raccontano e si riaprono anche vecchi procedimenti.