Agrigento, coca nascosta nella biancheria intima di due gemelline di 14 anni

Da sx: Daniel Tabbone "carciofetto" (23 anni), sulla destra Giuseppe Sanzone "papà" (40 anni)
di Mario Meliadò
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Martedì 31 Ottobre 2017, 18:02 - Ultimo aggiornamento: 1 Novembre, 15:52

I corrieri della droga spesso avevano il volto pulito di due ragazzine di 14 anni, spigliate e avvenenti, che in varie occasioni l’hashish o la coca se l’infilavano nella biancheria intima, per sottrarla a possibili controlli. È il tratto caratteristico dell’operazione “Street Food” dei Carabinieri della Compagnia di Sciacca e della stazione di Menfi, che ha portato a smascherare una fitta rete di scambi di stupefacenti lungo l’asse Palermo-Agrigento e all’arresto di 6 persone tra le quali il 23enne Daniel Tabbone detto “carciofetto” e il 40enne Giuseppe Sanzone, meglio noto come “papà”.
 


Tabbone e Sanzone, entrambi di Menfi, sono anche gli unici due finiti dietro le sbarre: le altre quattro persone raggiunte da misure cautelari (Calogero Friscia, Emanuele Gambino, Giulia Nigrelli, e Giovanni Pilo), tutte di vent’anni o poco più tranne il 31enne Gambino, si trovano ai domiciliari.

“Carciofetto” e “papà” – questi i loro nomi in codice, quel linguaggio cifrato in base al quale per indicare uno scambio di polvere bianca il riferimento era a cibi di strada, street food appunto e cene in compagnia – organizzavano viaggi dal capoluogo di provincia, Agrigento, al capoluogo della Sicilia, Palermo, ogni giorno o quasi per acquistare hashish e cocaina: quando non riuscivano a parteciparvi personalmente, inviavano con le loro auto gli altri elementi della gang, in parecchi casi anche minorenni, a fare da “corrieri”.
 
Al ritorno, la droga veniva nascosta nell’abitacolo delle vetture; ma in diversi casi, la polvere bianca ha viaggiato nascosta all’interno di slip e reggiseni delle due quattordicenni coinvolte, che peraltro non disdegnavano di usare la coca anche a fini di consumo personale.

Una volta ad Agrigento, lo stupefacente veniva venduto per lo più a clienti davvero giovanissimi a Menfi, Montevago, Poggioreale e Santa Margherita Belice: proprio per questo motivo il reato contestato è sì di detenzione e spaccio di droga, ma con l’aggravante di averla spesso venduta a consumatori minorenni.
 
Nel giro di tre mesi, la banda aveva già piazzato diversi chilogrammi di “fumo” e vari etti di cocaina, per un controvalore che supererebbe i 200mila euro.
Quasi mai, però, gli stupefacenti erano venduti direttamente al dettaglio: di solito la droga comprata a Palermo veniva ceduta a rivenditori. Erano poi questi ultimi a perfezionare a loro volta la compravendita con gli “utenti finali” di hashish e coca.

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