Sei mesi di sorveglianza speciale e controllo della corrispondenza per Antonino Speziale.
Sono i provvedimenti del giudice e del Tribunale di sorveglianza di Palermo per l'ultrà del Catania che sta scontando al Pagliarelli la condanna per la morte dell'ispettore di polizia Filippo Raciti. Tra le contestazioni essere riuscito a «eccitare la plateale adesione dei compagni di detenzione a un'iniziativa di 'tifosì in Tv sulla sua liberazione». L'avvocato Lipera ha presentato ricorso in Cassazione.
Secondo il Tribunale di sorveglianza «la condotta di Speziale», nei tre carceri dove è stato, Agusta, Agrigento e adesso al Pagliarelli di Palermo, dimostra la sua «incontenibile avversione alle più semplici regole della convivenza civile, sia con gli operatori sia con i compagni».
Il giudice di sorveglianza, nel provvedimento di primo grado, ha definito l'ultrà del Catania «un soggetto tendente alla violenza, turbolento e refrattario alla disciplina» ed è «pericoloso» come scrive il magistrato, dimostrano i «modi arroganti e minacciosi tenuti» con la polizia penitenziaria e gli altri detenuti.
I giudici citano alcuni episodi per cui in passato è stato punito: il 6 dicembre del 2012 a Augusta durante una lezione scolastica ha intonato un coro calcistico, che ha replicato dopo il richiamo dell'insegnante; nella stesso carcere, il 23 dicembre del 2013, assieme altri reclusi catanesi ha aggredito un detenuto palermitano; l'8 aprile del 2014 a Agrigento ha tenuto «atteggiamenti arroganti» con un operatore per una doccia; il 15 maggio del 2014, sempre nel carcere della Città dei Templi, Speziale «affacciandosi alle sbarre della finestra, e mantenendo alta la voce, intonava cori tipici delle tifoserie calcistiche rivolti contro polizia, carabinieri e lo Stato».
Durante quest'ultimo episodio «altri detenuti - scrive il giudice - ubicati ai piani superiori, applaudendo, lo invitavano a continuare».
Secondo il penalista le motivazioni dei giudici si «limitano in maniera sterile e scevra da qualsiasi riflessione, a riportarsi integralmente e letteralmente alle argomentazioni del Capo del Dap, ignorando di affrontare, come avrebbe dovuto, i motivi di reclamo».