LA DENUNCIA
A far scattare le indagini è stata la denuncia presentata da una detenuta di nazionalità romena, oggi quarantottenne, la quale ha raccontato di essere stata oggetto di pesanti attenzioni a sfondo sessuale, da lei non volute, all'interno dell'infermeria dell'istituto di pena della Giudecca: palpeggiamenti, baci, «accostamenti inequivocabili».
Gli inquirenti hanno iniziato gli accertamenti ascoltando altre detenute, oltre al personale della polizia penitenziaria e alla direzione del carcere e, un po' alla volta, sono iniziati ad emergere nuovi particolari. Una detenuta, diversa dalla denunciate, ristretta alla Giudecca per aver ucciso il marito, ha ammesso, dopo aver fornito inizialmente una diversa versione, di aver intrattenuto una relazione sentimentale con il medico, protrattasi nel tempo. In questo caso gli investigatori hanno appurato che, stando alle dichiarazioni della donna, si trattava di un rapporto consenziente, con frequenti incontri all'interno dell'infermeria del carcere, durante gli orari di visita. Nessun reato, dunque, ma la conferma che alla Giudecca stava accadendo qualcosa di singolare, sicuramente non consentito.
Dalle testimonianze raccolte durante le indagini è emerso che rapporti consenzienti con detenute sarebbero stati intrattenuti anche da un altro medico in servizio all'interno del penitenziario femminile, il quale risulta essere stato trasferito ad altro incarico. Anche Lunardi da tempo non è più in servizio alla Giudecca.
IMPUTAZIONE COATTA
A conclusione delle indagini preliminari il pubblico ministero Patrizia Ciccarese non era convinta della fondatezza delle accuse, tanto da formulare una richiesta di archiviazione a carico del dottor Lunardi. Ma il gip Massimo Vicinanza non è stato dello stesso avviso e ha imposto alla Procura di formulare il capo d'imputazione a carico del medico e di chiedere il suo rinvio a giudizio per violenza sessuale, commessa approfittando del proprio ruolo professionale.
LA DIFESA
Il medico, assistito dagli avvocati Stefano Tigani e Piero Coluccio, pur respingendo con forza ogni addebito e assicurando la propria innocenza, ha però preferito evitare il rischio di un dibattimento pubblico, concordando con la Procura il patteggiamento della pena di 18 mesi di reclusione, con la sospensione condizionale. Con molte probabilità, però, il dottor Lunardi ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, in particolare per opporsi alla parte di pena con effetti pratici, ovvero alla sospensione dalla professione, introdotta per reati di questo tipo da una modifica legislativa intervenuta in un momento successivo ai fatti contestati. Così potrebbe spiegarsi il cambio improvviso di difensori, deciso pochi giorni fa, quando ha incaricato di assisterlo gli avvocati Renato Alberini e Augusto Palese. Le motivazioni della sentenza di patteggiamento non sono state ancora depositate.
© RIPRODUZIONE RISERVATA