Quello di Yasmine, nella sua tragicità, è un caso di scuola. Una ragazza ben integrata, che studia in un liceo considerato il più difficile del circondario, e prende voti alti. Che ha un gruppo di amici, è guardata con simpatia dal resto del quartiere, legge il Corano ma negli ultimi tempi sembra agitata. Scoppia a piangere in classe, raccontando delle tensioni con la madre molto severa e religiosa, delle minacce di emigrare di nuovo, verso la Francia o ancora in Marocco, lei che si sente perfettamente italiana: «Vivo come nell'inferno di Dante», dice in un messaggio audio ad una compagna di classe. Due giorni fa, la madre l'ha sgozzata e si è suicidata anche lei, dopo aver cercato di dar fuoco all'appartamento a Cecchina, cittadina alle porte di Roma.
IL COMMENTO
Di casi del genere sui giornali ne sono finiti almeno tre nell'ultimo mese. «Paradossalmente, lo scontro tra questi giovani e le loro famiglie è il segno di una integrazione che per i ragazzi è riuscita», spiega Daniela Pompei, responsabile immigrazione della Comunità di Sant'Egidio: «I giovani si inseriscono nella comunità italiana, studiano con profitto, vogliono scegliersi il fidanzato. Fortunatamente, a differenza di quanto accade in altri paesi, ad esempio in Francia, non si sono create banlieu o ghetti. Bisogna, invece, lavorare di più sull'integrazione dei genitori, che si trovano in un mondo molto diverso da quello di provenienza e, al di là delle azioni più violente temono per il futuro dei figli».
GLI ALTRI CASI
Sana, Yasmine e le altre: le nuove figlie dell'Islam in rivolta contro i padri

di Sara Menafra
3 Minuti di Lettura
Martedì 29 Maggio 2018, 08:26
- Ultimo aggiornamento: 31 Maggio, 10:55
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