Roberta Lombardi: «Non siamo diversi dagli altri partiti il ministro della Giustizia chiarisca»

Roberta Lombardi: «Non siamo diversi dagli altri partiti il ministro della Giustizia chiarisca»
di Simone Canettieri
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Domenica 17 Giugno 2018, 12:20
Roberta Lombardi, capogruppo del M5S in Regione, perché il suo nome esce fuori in questa inchiesta?
«Il mio nome esce fuori perché il costruttore Luca Parnasi stava cercando di accreditarsi con tutti i partiti e siccome alle scorse elezioni ero un soggetto molto evidente a livello regionale, in quanto candidata presidente, ha provato ad avvicinarmi, ma con me non attaccò».

Cosa le chiese Parnasi?
«Mi chiese un incontro nel suo ufficio, ma io pretesi e ottenni che avvenisse alla Camera affinché la sua presenza fosse registrata e messa agli atti, era dicembre 2017».

Come andò questo incontro?
«Parlò quasi sempre lui, mi sembrò una persona piena di ego, mi disse che era a mia disposizione per la campagna elettorale».
E lei cosa gli rispose?
«Arrivederci e grazie: la proposta non mi interessava. Da quel momento, non l'ho più sentito né lui né i suoi collaboratori. E non è l'unico imprenditore che ha cercato di accreditarsi. Ma con la sottoscritta non attacca».
Dalle carte risulta che furono i due lombardiani del Comune Marcello De Vito e Paolo Ferrara, presidente del consiglio e capogruppo, a fare da tramite.
«Sì, passò attraverso di loro perché li conosceva».
E quando se lo vide davanti cose le venne in mente?
«Pensai a quella battuta di Guzzanti».
Quale?
«Aborigeno, io e te cosa dobbiamo dirci? Insomma, non c'entravo nulla con lui. E poi ironia della sorte, la mia prima battaglia nel M5S fu proprio contro un progetto di Parnasi. Strana la vita, eh. Chiunque abbia scritto Parnasi ha finanziato la Lombardi ha scritto il falso. Da lui nemmeno un millesimo di euro per la mia campagna elettorale».
Qual è la morale di questa vicenda?
«Il M5S non è composto da persone diverse rispetto a quelle agli altri partiti. Ha grandi moralità, ma può essere attaccato Non è questione di superiorità, ma noi, a differenza degli altri, non possiamo fallire nella reazione e nella risposta a questi casi».
La sindaca Virginia Raggi non ha responsabilità politiche sul caso Lanzalone? Anche questa volta non si era accorta di nulla.
«Da parte di Virginia non c'è alcuna responsabilità politica, Lanzalone le era stato presentato e aveva ottime referenze: è normale che lei gli abbia dato fiducia».
Ma questa storia non dimostra che il M5S è scalabile da dentro?
«Scalabile no, penatrabile sì. Basti pensare al caso di Raffaele Marra in Campidoglio, che, come si sa, denunciai per prima. Noi purtroppo entriamo in ambienti per loro natura ostili, pensa al Comune ma anche ai ministeri, e spesso e volentieri siamo come Dante: ci serve un Virgilio che ci conduca in questi Inferni. Ma invece...»
Cosa?
«A volte scopriamo che il nostro non è Virgilio, ma Jack Lo Squartatore».
Il ministro Alfonso Bonafede è stato indicato da Virginia Raggi come colui che, insieme a Riccardo Fraccaro, portò Luca Lanzalone in Comune: non dovrebbe fare chiarezza?
«Sì, non c'è niente di illecito e strano a presentare un manager che si pensa essere capace e che ha ben lavorato. Ma proprio per questo devono mettere le cose chiaro, fugare i dubbi. Non siamo gli altri, siamo il M5S».
Se uscissero intercettazioni politicamente scomode Bonafede dovrebbe dimettersi da ministro?
«Se mia nonna avesse le ruote sarebbe un carretto. La politica non si fa con i qualora».
In questa fase Grillo è molto defilato: che fine ha fatto? Non parla e non si schiera. Urge un ritorno del fondatore?
«Beppe non se n'è mai andato, e non è detto che non stia intervenendo magari a fari spenti. Stiamo parlando del nostro Garante. Confido appunto nel suo ruolo di garanzia, affinché il 5 Stelle non diventi come i partiti tradizionali. Altrimenti c'è il rischio di somigliare al Pd».
 
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