Ridevano su Rigopiano: «Arriviamo all'albergo così facciamo un bagno»

Ridevano su Rigopiano: «Arriviamo all'albergo così facciamo un bagno»
di Paolo Mastri
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Mercoledì 29 Novembre 2017, 08:45 - Ultimo aggiornamento: 14:35

PESCARA Ridevano. Anche A Rigopiano, come in ogni sciagura italiana, qualcuno rideva un'ora e mezza prima della valanga che ha sepolto il resort di lusso alle pendici del Gran Sasso, con i suoi ospiti e i suoi lavoratori: 29 morti, 9 feriti con lesioni gravi e permanenti, due soli scampati. Sono le 15,35 del 18 gennaio e al telefono con Paolo D'Incecco, il dirigente del servizio viabilità della Provincia di Pescara, c'è l'autista dell'Anas Carmine Ricca, precettato per guidare la turbina destinata all'area Vestina: «E insomma - dice - mica deve arrivare a Rigopiano? Perché se dobbiamo liberare la Spa al limite ci andiamo pure a fare il bagno». Ride della battuta D'Incecco, l'uomo che alle 9,30 del mattino aveva detto al suo collega Mauro Di Blasio: «Quello dell'albergo non deve rompere, digli di stare calmo». E infatti, la telefonata della vergogna, l'ennesima, si conclude con D'Incecco che chiede all'autista: «Quanto tempo... oggi pomeriggio non si può fare niente?». Ricca risponde: «Mo', penso... oggi... la Madonna che c'è qua... eh... mo' penso no. Almeno domattina, anche perché quello con la turbina fino a mo' ha faticato».

Rigopiano può attendere, nonostante la strada sepolta dalla neve, gli ospiti terrorizzati dalle quattro scosse di terremoto del mattino, le richieste disperate del direttore Bruno Di Tommaso, anche lui tra i 23 indagati del secondo filone aperto dalla Procura di Pescara. Lo conferma un'altra delle telefonate dalla Squadra mobile, che sta intercettando D'Incecco nell'ambito di un'inchiesta sugli appalti della Regione. È il funzionario del servizio viabilità Mauro Di Blasio a riferire al suo capo: «Si sta concentrando Alberto su... cercare di capire come poter fare arrivare su... abbiamo telefonato all'hotel Rigopiano, anche se lì ci sta ancora traffico e non prende la corrente, dunque difficoltà a comunicare. Gli abbiamo detto di darsi una calmata per il momento: dobbiamo prima liberare Farindola e dopo possiamo pensare a lui». Il capo concorda: «Beh, ci mancherebbe».

«CI SCAPPA IL MORTO»
A impressionare gli investigatori non sono soltanto la disorganizzazione e la superficialità che regnano in tutti i gangli della macchina dei soccorsi a metà giornata del 18 gennaio, quando la sorte dei prigionieri di Rigopiano è praticamente segnata. A impressionare, nelle informative di Squadra mobile, Noe e Carabinieri forestali, è l'inerzia che ha accompagnato l'avvio delle sale operative di Prefettura e Regione. Eppure, il rischio di tragedie era chiaro almeno dal mattino. Parlano ancora le intercettazioni: alle 10,43 Claudio Ruffini, capo della segreteria del governatore Luciano D'Alfonso delegato alla gestione dell'emergenza, è al telefono con il numero uno della Protezione civile regionale Silvio Liberatore. Che dice: «Sto facendo una nota per il presidente, per convocare il Comitato operativo regionale, perché qua Claudio, qua le cose non funzionano più. Questa la presiede lui, che poi penso delegherà Mazzocca (l'assessore al ramo), ma qua dobbiamo fare un tavolo perché senno qua ci scappa il morto».
La stessa apprensione che, tra turbine introvabili o gestite in maniera clientelare, si legge nelle parole del consigliere di opposizione Lorenzo Sospiri: «La gente sta morendo, non vi rendete conto».

LO SCARICABARILE
E quando l'incubo della tragedia prende corpo scatta la fuga dalle responsabilità.

Alle 19,56 tutto è compiuto, Antonio Di Marco, presidente della Provincia di Pescara indagato con gli altri per concorso in disastro colposo, omicidio colposo plurimo e lesioni personali, si sfoga con D'Incecco: «Quello è un lavoro di mia competenza, lì è crollato l'albergo, ci sono 12 persone sotto, si è salvato solo quello che ha dato l'allarme. Sta a posto allora, io do per certo al Prefetto... se succede che si muore qualcuno, la responsabilità è di qualcun altro». Alle 7.53 di due giorni dopo anche il governatore D'Alfonso a chiamare Paolo D'Incecco: «Si tratta di gestire la situazione, una situazione documentale... tu lo hai capito che ti voglio dire?».

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