Caso Regeni, gli investigatori italiani: ucciso da professionisti della tortura per le sue ricerche

Caso Regeni, gli investigatori italiani: ucciso da professionisti della tortura per le sue ricerche
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Venerdì 26 Febbraio 2016, 16:35 - Ultimo aggiornamento: 27 Febbraio, 16:20

Nessun rapporto con i servizi segreti italiani nè di altri Paesi. Il computer di Giulio Regeni 'parlà e comincia ad offrire tasselli importati agli inquirenti che da oltre un mese stanno provando a dare un'identità a chi lo ha ucciso: veri e propri professionisti della tortura, secondo chi indaga in Italia. Dall'esame del portatile del ricercatore dell'università di Cambridge, che nelle scorse settimane i genitori hanno consegnato ai magistrati della Procura di Roma che sulla morte del giovane friulano ha avviato una indagine per omicidio, non emergono legami con servizi segreti.
 



Dall'analisi dei file è emerso che Regeni non aveva avuto contatti con persone equivoche e tantomeno che i dati raccolti nell'ambito delle sue ricerche siano uscite fuori dall'ambito universitario. Per circoscrivere ulteriormente gli spostamenti che Regeni ha compiuto al Cairo prima delle 19:40 del 25 gennaio, giorno in cui scompare, il pm Sergio Colaiocco ha avanzato una richiesta alle società che gestiscono i maggiori social network per ottenere le password utilizzate da Giulio in modo da poter ricostruire gli spostamenti effettuati dal ricercatore con la geolocalizzazione.

L'indagine la settimana prossima dovrebbe vivere un'importante accelerazione dovuta ai risultati definitivi dell'autopsia e dell'arrivo, si augurano a piazzale Clodio, delle carte fornite dagli inquirenti egiziani. Alcuni paletti e punti fermi sono, comunque, stati fissati. A chi indaga non risulta che Regeni fosse stato schedato dalle autorità egiziane, anche se l'episodio di una foto scattata da uno sconosciuto durante l'assemblea di un sindacato indipendente aveva turbato il ricercatore universitario.

Altra certezza per gli inquirenti è che il delitto è maturato nel quadro delle attività di ricerca ed eseguito da professionisti della tortura e delle sevizie. Non siamo in presenza, quindi, di un fatto di sangue legato a droga (dall'autopsia non è emersa alcuna traccia di sostanze stupefacenti), ad una rapina o ad un fatto passionale. Le sue giornate, infatti, trascorrevano tra lo studio e lunghe chat con la fidanzata in Skype. Continuano, intanto, a moltiplicarsi le iniziative in memoria del giovane e di solidarietà.

E mentre l'Università di Padova ha dedicato a Regeni la giornata di apertura dell'anno accademico, è tornata a parlare la famiglia del giovane ricercatore, la quale ha voluto ringraziare «tutti i singoli cittadini, rappresentanti delle istituzioni, enti locali e associazioni, che stanno manifestando la loro vicinanza e che da ieri si sono impegnati a mantenere ferma la loro richiesta di verità riguardo all'uccisione di Giulio». «'Verità per Giuliò - ha sottolineato la famiglia Regeni - non è solo uno slogan ma una imprescindibile istanza di giustizia per tutti i cittadini».

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