L'imputata in primo grado fu condannata a Ravenna all'ergastolo perché riconosciuta colpevole di avere iniettato una dose letale di potassio all'anziana. «Sì, sì», si è limitata a dire, con ovvia euforia, la donna mentre il presidente della Corte, Alberto Pederiali, stava pronunciando nell'aula di Palazzo Baciocchi la sentenza che la proclamava innocente e le spalancava le porte del carcere, restituendole la libertà che mancava dall'ottobre del 2014.
Qualche ora dopo la lettura del dispositivo, avvenuta alle 16 di un pomeriggio rovente, la donna ha potuto attraversare a ritroso il cancello del carcere bolognese della Dozza (prima fu a lungo a Forlì) che aveva varcato con tutt'altro stato d'animo, inseguita non solo da quell'accusa terribile per un'operatrice della sanità.
Su di lei c'è infatti anche il sospetto di un secondo omicidio, quello di Massimo Montanari, 95 anni, deceduto il 12 marzo 2014 nello stesso reparto dove lavorava la donna, in cui una decina di morti almeno furono ritenute sospette dagli inquirenti. Ex datore di lavoro dell'allora fidanzato della Poggiali, Montanari stava per essere dimesso e l'ipotesi, anche in questo caso, fu che a stroncarlo fosse stata un'iniezione di cloruro di potassio.
L'infermiera era stata pure condannata per due furti in reparto: soldi, farmaci. Ma soprattutto era inseguita da quelle terribili immagini da lei stessa prodotte, quei macabri scatti col ghigno beffardo al fianco di una donna appena morta nel suo letto d'ospedale. Un'immagine che, al netto delle sue spiegazioni, pesò sull'immaginario collettivo come indizio pesante di comportamenti indecenti per un camice bianco.
«Nella sentenza ci sono forti criticità che lasciano spazio a una flebile speranza: quella che la Corte d'assise d'appello sia meno suggestionata». Una perizia, disposta in appello, concluse infatti che il quadro clinico della paziente era «solo in parte compatibile» con una somministrazione di potassio «a livelli letali». E che l'applicazione dell'innovativo metodo per il calcolo del potassio atteso al momento della morte della 78enne «non trova analoghe applicazioni in letteratura, per quanto di nostra conoscenza». Il fatto non sussiste, insomma. Daniela Poggiali è libera.
L'INFERMIERA
«Mi hanno dipinto per quello che non sono, e adesso mi riprendo in mano la mia vita». Sono le parole di Daniela Poggiali, l'ex infermiera dell'ospedale di Lugo, appena uscita dal carcere della Dozza di Bologna dopo l'assoluzione dall'accusa di omicidio. Accusa per cui in primo grado era stata condannata all'ergastolo a Ravenna.
«Voglio riprendere la mia vita normale e tranquilla. Grazie a tutti e arrivederci. Mamma mia che fatica», ha detto ancora. T-shirt bianca, capelli corti ingellati, Poggiali è uscita dalla Dozza verso le 20 e ha trovato ad attenderla giornalisti e fotografi, oltre all'ex fidanzato e alle sorelle. Quando è entrata in macchina, ha aggiunto in sostanza che i giudici di Bologna hanno capito, a differenza di quelli di Ravenna, quale fosse la verità.
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