Quel destino dei macchinisti dal matrimonio alla morte

Quel destino dei macchinisti dal matrimonio alla morte
di Gianluigi Giannetti
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Giovedì 14 Luglio 2016, 08:54
ROMA Un tragedia terribile che apre una ferita proprio su quei binari che collegavano in modo così stretto e quotidiano due comunità. Legami umani più che treni, persone familiari oltre che macchinisti. Aveva 61 anni Pasquale Abbasciano, originario di Andria e sposato con una dipendente del Comune di Corato. Era lui ai comandi del treno 1016 che si stava dirigendo verso Bari. Una brutta esperienza alle spalle, con un leggero deragliamento in cui è stato coinvolto qualche anno or sono e in ogni caso una vita di sacrifici su quelle rotaie tra gli uliveti che lambiva anche i suoi sogni. Abbasciano viene descritto come una persona sorridente e legato in modo viscerale alla sua famiglie e ad appena due mesi dalla pensione, un appuntamento che ricordava spesso ai suoi colleghi. Aspettava con gioia di tornare alla campagna, coltivava ciliegie. A settembre avrebbe potuto lasciare, ma negli ultimi giorni era molto preso da un altro appuntamento importante, a cui la tragedia non gli ha concesso di prendere in ogni caso parte.

APPUNTAMENTO MANCATO
«Abbiamo ritrovato il suo borsello ieri» raccontano i soccorritori. Sua moglie si è recata immediatamente sul luogo dell'incidente e, purtroppo, non ha potuto fare altro che capacitarsi della peggiore realtà. Dopo il lavoro doveva andare ad Andria per raggiungere la figlia che stava terminando i preparativi per il suo matrimonio. Si sarebbe sposata al comune con il rito civile, mentre il 12 settembre si sarebbe tenuto quello religioso. «Speravamo di poter andare a trovarli in occasione del matrimonio della figlia Vincenzina, mia nipote, ed invece dovremo tornare in Puglia per i funerali di Pasquale». A parlare così è un'affranta Isa Calducci, cognata di Abbasciano. «Ho pregato, ho tentato di chiamare mia sorella Teresa, la moglie di Pasquale, ma il telefono è rimasto muto». Proprio al figlio di Isa Calducci, Cataldo, volontario della Croce Rossa, il compito ingrato di identificare la salma dello zio mentre lo sistemava sulla barella. «Per lui è stato un trauma indicibile, un'immagine che non dimenticherà mai». Famiglia e binari, con i passaggi a livello che scandiscono i ritmi e il traffico fuori e dentro i centri abitati di Andria e Corato. Un ritmo abituale, un legame inevitabile. Con Pasquale Abbasciano è morto anche Albino de Nicolo, cinquantatre anni, capotreno sullo stesso convoglio, con la passione per la ferrovia trasmessa ai suoi due figli maschi, entrambi dipendenti di Ferrotramviaria.

COLPO ALLA COMUNITÀ
Sull'altra sponda di una morte atroce, Luciano Caterino, 37 anni, originario di Ruvo di Puglia, alla guida del secondo convoglio, quello giallo, il 1021 proveniente da Bari, che nell'impatto lo ha letteralmente divorato straziando i suoi resti nella cabina di pilotaggio. «Un grande lavoratore, un grande amico» lo ricordano i colleghi della Ferrotramviaria. «E' difficile riprendere a lavorare o anche solo a pensare». Corato, il suo paese, si stringe attorno al padre Francesco e ai fratelli Michele e Danilo. «Proveniva da una famiglia di lavoratori e di brava gente, e so che doveva sposarsi a breve. La sua è una perdita che colpisce tutta la comunità». Massimo Mazzilli, sindaco del comune pugliese, ieri parlava affranto. «Luciano viene da una famiglia apprezzata in paese e so che il papà, un lavoratore autonomo, era rimasto vedovo da poco. Luciano era uno che si dava da fare per vivere e so che stava preparando il suo matrimonio, che era imminente. Alla notizia della sua perdita la famiglia si è chiusa in se stessa. Conto di incontrare i suoi cari per porgere a nome di tutta Corato il senso del nostro cordoglio». Il senso di un treno che in queste campagne costellate di ulivi significa comunità.