Alta adesione allo sciopero dei penalisti, slittano udienze

Alta adesione allo sciopero dei penalisti, slittano udienze
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Mercoledì 2 Maggio 2018, 22:17
A Milano è slittato il processo all'ex vice presidente della Regione Lombardia Mario Mantovani e altre 12 persone accusate a vario titolo di corruzione, concussione e turbativa d'asta. Come pure il giudizio sul presunto rapimento della modella inglese Chloe Ayling. Una sorte che domani potrebbe toccare anche al procedimento Mps. Gli avvocati penalisti sono tornati a scioperare contro la mancata approvazione della riforma sull'ordinamento penitenziario e la scelta delle Commissioni speciali parlamentari di non occuparsene.

L'INCONTRO
Inevitabili i rinvii dei processi in tutta Italia nel primo giorno della protesta che proseguirà anche domani. Un risultato prevedibile per il presidente dell'Unione delle Camere penali, Beniamino Migliucci. «L'adesione sarà totale perché gli avvocati italiani sono per questa riforma» dice prima ancora di poter scorrere i dati sulla protesta, che domani avrà il suo clou con una manifestazione a Roma, patrocinata dal Consiglio nazionale forense e a cui interverrà anche il vice presidente del Csm, Giovanni Legnini. Sarà l'occasione per lanciare un nuovo appello alla politica. «Il presidente Fico ha fatto una apertura che abbiamo apprezzato dicendo
ne discuta la Commissione Speciale. Il ministro Orlando ha avanzato al governo la richiesta di procedere comunque. Due possibilità per sbloccare la situazione, nessuna però si è avverata. La nostra manifestazione serve a chiedere alla politica di provvedere in un modo o nell'altro», spiega il leader dei penalisti. Fico era stato invitato alla manifestazione di domani ma non potrà esserci per impegni istituzionali. «Ci ha fatto però sapere che apprezza la nostra riflessione. A noi ha fatto piacere la sua sensibilità e ora vorremmo che, passata la tornata elettorale, si ragionasse in termini obiettivi. In questi mesi sulla riforma si è scatenata una battaglia populista: sembrava che i fautori volessero far uscire dal carcere i più pericolosi delinquenti».
Niente di più lontano dalla realtà: «non escono né ladri, né mafiosi, né terroristi.
C'è solo il giudice che valuta caso per caso se un detenuto ha compiuto miglioramenti e può accedere alle misure alternative. E ora mi auguro che anche quei partiti che hanno detto che la riforma smantellava il 41 bis», cioè il carcere duro per i mafiosi, «facciano prevalere il ragionamento». Migliucci non ha dubbi: «la ricetta per ottenere maggiore sicurezza è approvare la riforma. Lo dicono le statistiche e i magistrati di sorveglianza. Chi impara un lavoro in carcere ha percentuali di recidiva vicino all'1%, chi ottiene una pena alternativa pari al 30%, chi sta solo in carcere al 70%. Il che vuol dire che il carcere crea nuovo carcere. Dal 1975 con la riforma Gozzini sono diminuiti gli omicidi e le rivolte in carcere: ora quella riforma va attualizzata. Anche per evitare che l'Italia sia nuovamente richiamata dall'Europa per le condizioni delle carceri. Il rischio c'è perché ci stiamo avvicinando di nuovo ai 59mila detenuti». «La riforma porta solo benefici: affossarla significherebbe assumersi una grave responsabilità politica - avverte il presidente dell'Ucpi - Sono convinto che se venisse approvata, l'eventuale nuovo governo ci penserebbe due volte prima di modificarla, perché ne vedrebbe i risultati».
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