Provenzano, una vita da invisibile ordinando omicidi e attentato con i pizzini

Provenzano, una vita da invisibile ordinando omicidi e attentato con i pizzini
di Enrico Gregori
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Mercoledì 13 Luglio 2016, 12:59
L'11 aprile 2006  Binnu u' Tratturi (Bernardo il trattore, per la violenza con cui falciava le vite dei suoi nemici), finì nella mani delle forze dell’ordine. Come un boss vero e lucido si consegnò senza reagire. Anzi, si complimentò con gli investigatori che lo portarono nella questura di Palermo. Il casolare (il proprietario del quale venne arrestato) in cui viveva il boss era arredato in maniera spartana, con il letto, un cucinino, il frigo e un bagno e la macchina da scrivere con cui compilava i pizzini.

Nessuno sfarzo, nulla di faraonico. La semplicità di chi sa perfettamente che per rendersi un fantasma per anni e anni occorrono discrezione e, soprattutto, l’aiuto e di amici fidati. Infatti lo presero a Corleone, nel suo regno. Nessuna fuga in Sudamerica o in altri paradisi dei latitanti. Stava lì, in una tipica masseria sicula a nascondersi, a comandare e a curarsi la prostata.

Secondo antiche indagini, Provenzano ha passato la sua vita da invisibile nella zona di Bagheria dove trascorreva la sua latitanza prevalentemente in quella zona facendo l’imprenditore in campo immobiliare attraverso dei prestanome e riciclava denaro sporco. Una svolta epocale avvenne nel 1981 quando insieme a Totò Riina scatenò la cosiddetta «seconda guerra di mafia», con cui eliminarono i boss rivali e insediarono una nuova "Commissione", composta soltanto da capimandamento a loro fedeli.

Nel 1993, dopo l'arresto di Riina, Provenzano fu il paciere tra la fazione favorevole alla continuazione degli attentati dinamitardi contro lo Stato (Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano) e l'altra contraria (Michelangelo La Barbera, Raffaele Ganci, Salvatore Cancemi, Matteo Motisi, Benedetto Spera, Antonino Giuffrè, Pietro Aglieri): secondo il collaboratore di giustizia Vincenzo Sinacori, Provenzano riuscì a porre la condizione che gli attentati avvenissero fuori dalla Sicilia, in "continente", mentre l'altro collaboratore Salvatore Cancemi dichiarò che, durante un incontro, lo stesso Provenzano gli disse che "tutto andava avanti" riguardo alla realizzazione degli attentati dinamitardi a Roma, Firenze e Milano, che provocarono numerose vittime e danni al patrimonio artistico italiano.

Una vita nell’ombra quindi, ma mai inattiva. Tanto che poco prima del suo arresto si verificò un tentativo di depistaggio: il 31 marzo 2006 il legale del boss latitante annunciò la morte del suo assistito, subito smentita dalla DIA di Palermo. Poco dopo il blitz, con l’anziano boss trovato tra cacicavalli , medicinali per curarsi la prostata e una stufetta per difendersi dal freddo. 

Ma il carcere, la malattia e l’età presero il sopravvento su Binnu u' Tratturi.  Nel carcere di Parma il 9 maggio 2012 il boss tenta il suicidio infilando la testa in una busta di plastica con l'obiettivo di soffocarsi ma il tutto viene sventato da un poliziotto penitenziario. Il 23 maggio 2013 la trasmissione televisiva Servizio Pubblico manda in onda un video che ritrae Bernando Provenzano nel carcere di Parma durante un incontro con la moglie e il figlio datato 15 dicembre 2012; l'ex boss appare fisicamente irriconoscibile, affaticato e mentalmente confuso, tanto da non riuscire a prendere in mano la cornetta del citofono per parlare con il figlio. L’epilogo era iniziato.
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