Trattativa Stato-mafia, i pm della procura di Palermo: condannare Dell'Utri, Mori e Mancino

Trattativa Stato-mafia, i pm della procura di Palermo: condannare Dell'Utri, Mori e Mancino
2 Minuti di Lettura
Venerdì 26 Gennaio 2018, 13:26 - Ultimo aggiornamento: 28 Gennaio, 15:44
La Procura di Palermo ha chiesto la condanna a 12 anni di carcere dell'ex senatore Marcello Dell'Utri, imputato di minaccia e violenza a Corpo politico dello Stato al processo sulla cosiddetta trattativa Stato- mafia. Dell'Utri sta scontando una condanna a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.

La Procura di Palermo ha chiesto la condanna a 15 anni di carcere dell'ex capo del Ros Mario Mori, imputato di minaccia e violenza a Corpo politico dello Stato al processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Chiesti rispettivamente 12 anni e 10 anni per gli altri due ufficiali dell'Arma accusati: Antonio Subranni, prima di Mori al comando del Raggruppamento Speciale dei carabinieri, e Giuseppe De Donno.

I pm hanno inoltre chiesto la condanna a sei anni di carcere per l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino imputato di falsa testimonianza al processo sulla cosiddetta trattativa Stato- mafia e la condanna a 16 e 12 anni di carcere per i boss Leoluca Bagarella e Antonino Cinà, accusati di minaccia a Corpo politico dello Stato. Per il pentito Giovanni Brusca, che rispondeva dello stesso reato, i pm hanno chiesto l'applicazione dell'attenuante speciale prevista per i collaboratori di giustizia e la dichiarazione di prescrizione delle accuse.

Una condanna a 5 anni di carcere è stata chiesta per Massimo Ciancimino, teste chiave del processo sulla trattativa tra Stato e mafia, per il reato di calunnia e il non doversi procedere per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, perché prescritto.
Il figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo è accusato di avere «consapevolmente e fattivamente contribuito al sostegno e al rafforzamento dell'associazione mafiosa, denominata Cosa nostra, svolgendo il ruolo di latore di messaggi scritti con comunicazioni orali fra il padre Vito e Bernardo Provenzano» ma anche di calunnia nei confronti dell'ex capo della Polizia Gianni De Gennaro, incolpandolo «sapendolo innocente - dice il capo di imputazione - di avere nella sua qualità di funzionario della Polizia intrattenuto costanti rapporti illeciti con esponenti di cosa nostra. In particolare, simulando a carico dello stesso le tracce dei rapporti criminosi contraffacendo un manoscritto che consegna al pm un elenco di nominativi di funzionari dello Stato asseritamente collusi con l'associaizone mafiosa, trasponedogli la dicitura
De Gennaro vergata in originale a matita su altro documento manoscritto dal padre Vito».
© RIPRODUZIONE RISERVATA