Delitto di Pordenone, Ruotolo arrestato: «I fidanzati uccisi per un diverbio»

Delitto di Pordenone, Ruotolo arrestato: «I fidanzati uccisi per un diverbio»
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Martedì 8 Marzo 2016, 08:50 - Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 11:02

Sarebbe legato al diverbio che vide protagonisti Giosuè Ruotolo e Trifone Ragone il movente del duplice omicidio dei fidanzati di Pordenone per il quale da ieri sera lo stesso Ruotolo è stato rinchiuso nel carcere di Belluno. È quanto emerge da fonti investigative della Procura di Pordenone che alle 11.30 di oggi hanno convocato una conferenza stampa per illustrare i dettagli dell'inchiesta. Secondo quanto apprende l'Ansa, i dissapori nacquero quando i due commilitoni - ed ex coinquilini - furono protagonisti di un acceso scambio di vedute che degenerò fino allo scontro fisico. Da allora Ruotolo, secondo l'accusa, avrebbe pianificato la propria vendetta messa poi in atto la sera del 17 marzo nel parcheggio del palazzetto dello sport cittadini.

Dalla memoria dell'iPhone di Teresa Costanza, grazie a un particolare software, sono stati estratti i messaggi provenienti da un profilo anonimo, da venerdì 26 giugno all'11 luglio. Lo ha reso noto il Procuratore capo di Pordenone, Marco Martani. Una sedicente «Annalisa» affermava di essere l'amante di Trifone Ragone, per minare il rapporto della coppia di fidanzati. I particolari erano minuziosi, rendendo credibili le accuse, ma hanno fornito agli inquirenti elementi per restringere il campo sui potenziali autori di questa molestia. Di fatto, queste dichiarazioni potevano essere state fatte solo dai coinquilini dell'epoca. Per questo Ragone ha affrontato a uno a uno i compagni di appartamento.

«Per esclusione è arrivato a Ruotolo - ha precisato Martani - come ci hanno dichiarato gli altri coinquilini: Trifone aveva quindi picchiato Ruotolo procurandogli una ferita a un labbro e gonfiore agli zigomi. Raccontando l'episodio agli inquilini Giosuè aveva minacciato vendetta, mentre Trifone aveva paventato la possibilità di procedere con una denuncia, quindi con la possibilità che Ruotolo venisse accusato di sostituzione di persona, molestie e peculato militare. Accuse che, se confermate - ha concluso il Pm - sarebbero state di pregiudizio sia per la permanenza nell'Esercito sia per il transito nella Guardia di Finanza».

GLI ELEMENTI DELL'ACCUSA
Tra gli elementi d'accusa contro Giosuè Ruotolo e la fidanzata Rosaria Patrone ci sono poi anche numerosi sms e chat di periodo precedente al giorno del duplice delitto, il 17 marzo 2015, in cui la studentessa universitaria di Somma Vesuviana (Napoli) manifesta inquietudine, sofferenza, in cui racconta di una depressione e di un disagio crescente di cui non si conoscono i motivi.

Comunicazioni che in alcuni casi gli investigatori giudicano volutamente amplificate e che, dopo settimane, si interrompono proprio il 17 marzo 2015 per non comparire più nella cronologia dei messaggi della coppia. Nella richiesta di misura cautelare si spiega che i messaggi sarebbero stati volutamente artefatti per essere utilizzati nel caso in cui Trifone avesse denunciato la coppia per le molestie subite attraverso falso profilo Facebook. I fidanzati campani avrebbero addossato la colpa alla ragazza e alla depressione. Di questa ragione resta traccia in una cartella del Pc di Ruotolo: il militare era convinto di averla cancellata invece è stata recuperata dai periti informatici dell'Arma. Con la morte dei due non ci sarebbe più stata necessità di fingere disagio, questa sarebbe la causa, per l'accusa, dell'interruzione di messaggi di quel tono. Gli investigatori hanno anche scoperto che Giosuè utilizzava numerosi profili per chattare con altre ragazze in più social, servendosi di alias. Nel computer del militare sono stati anche trovati file di video piuttosto eloquenti di momenti di intimità tra Giosuè e Rosaria che hanno fatto scartare agli inquirenti una delle piste di cui si era parlato nei mesi scorsi come possibile movente del delitto: una passione omosessuale verso l'ex coinquilino.

L'AUDI 3
Per scongiurare qualsiasi eccezione da parte della difesa, gli investigatori di Pordenone e del Ros hanno censito tutte le Audi A3 grigie dell'intero territorio nazionale. Un lavoro colossale, che ha impegnato il pool per molte settimane, ma che alla fine ha consegnato una risultanza significativa per l'accusa: l'unico veicolo di quel tipo, immortalato dalle telecamere non lontano da palazzetto e parco di San Valentino poteva essere soltanto quello di Ruotolo. È uno degli elementi contenuti nell'ordinanza con cui il Gip di Pordenone Alberto Rossi ha fatto proprie le richieste di arresto per Giosuè Ruotolo e per la sua fidanzata Rosaria Patrone.



IMPASSIBILE

«È rimasto impassibile. Attorno alle 17 di ieri, al termine del turno di servizio, ci siamo presentati in caserma e gli abbiamo notificato gli atti. Non ha avuto alcuna reazione nè ha parlato. Ha chiesto di leggere il documento, ha preparato degli effetti personali e ci ha seguito in caserma per la foto segnalazione». È il racconto che fa del momento dell'arresto il capitano dei carabinieri Pierluigi Grosseto, a capo del pool investigativo dal settembre scorso, parlando a margine della conferenza stampa, quando sono emersi alcuni particolari dell'arresto del militare. «Ruotolo ci ha chiesto di non informare direttamente i propri congiunti - ha aggiunto Grosseto - ma di contattare unicamente il suo avvocato: sarebbe stato quest'ultimo, con le cautele del caso, a comunicare gli sviluppi alla famiglia. In ogni caso, quando ci ha visti entrare nella sua stanza ci ha accolti come si fa con volti amici, forse non pensando immediatamente ad un provvedimento restrittivo quanto forse a qualche notifica di natura diversa». Il giovane era appena ritornato da una breve licenza: nei giorni precedenti era parso tranquillo ed era anche uscito più volte dalla caserma. Spesso la sera lo si vedeva scherzare con alcuni commilitoni non lontano dalla sede della Brigata Ariete in una lavanderia automatica che utilizzava di solito.

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