Ponte Morandi, primi indagati: dieci dirigenti di Autostrade e Mit nel mirino dei pm

Ponte Morandi
di Sara Menafra
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Giovedì 23 Agosto 2018, 08:06 - Ultimo aggiornamento: 12:28

dal nostro inviato

GENOVA Questione di giorni se non di ore. La procura di Genova ha deciso di accelerare le iscrizioni al registro degli indagati per il crollo del viadotto Morandi con il suo carico di 43 vittime. Sono stati identificati almeno dieci nomi tra dirigenti di Società Autostrade, del ministero dei Trasporti e del Provveditorato ligure alle opere pubbliche che nel corso degli anni si sono occupati del viadotto ed erano a conoscenza dello stato di degrado dei piloni 9 e 10, ovvero quello crollato e quello che probabilmente nei prossimi giorni sarà abbattuto. Su indicazione dei consulenti tecnici, che si sono detti preoccupati per lo stato di conservazione delle macerie, tutti, in tempi stretti, riceveranno l'avviso di garanzia indispensabile per permettere loro di nominare un avvocato e quindi i periti di parte che possano partecipare all'incidente probatorio. Contemporaneamente, alla Squadra mobile, i pm Paolo D'Ovidio, Walter Cotugno e Massimo Terrile hanno chiesto di interrompere ogni altra attività per identificare le possibili parti offese e consentire anche a loro di scegliere un avvocato di fiducia.

«Bisogna fare in fretta, le parti di ferro rischiano di ossidarsi» hanno spiegato i consulenti della procura Renato Buratti e Bruno Malerba. I due ingegneri hanno già identificato alcuni dei blocchi fondamentali per procedere alla ricostruzione dell'accaduto. Una parte sono stati trasferiti, ma restano comunque in luoghi all'aperto; altri, spostandosi, possono essere danneggiati con rischi gravi per l'inchiesta. Non solo: secondo le prime valutazioni anche lo stato di grave ammaloramento del pilone 10, quello ancora in piedi, può finire nell'indagine. La relazione stesa dagli esperti guidati dal provveditore Roberto Ferrazza è già in procura e dice con chiarezza che «emerge, con riferimento alla pila n. 10, uno stato di degrado dei materiali, ovvero di corrosione dei trefoli dei cavi di precompressione, più elevato (4 su una scala di 5) rispetto a quello che era stato riscontrato nella pila n. 9, crollata, che risultava di livello 3». I pm dovranno ora capire se questa valutazione potesse essere fatta anche prima dei fatti di Ferragosto.

IL PROVVEDITORATO
Anche sul ruolo del Provveditorato alle opere pubbliche, ultima autorità pubblica ad aver valutato lo stato di conservazione del viadotto Morandi i magistrati vogliono lavorare ancora. Il punto è capire se il gruppo guidato da Roberto Ferrazza fosse cosciente di quanto il ponte fosse malato come, al momento, sembra dalla relazione finale che diceva ok ai lavori programmati per l'autunno. E se questo allarme sia poi arrivato fino al Mit e di qui alle altre strutture competenti. Un lavoro che procede a ritroso fino alla prima ristrutturazione, quella che ha rafforzato il pilone ad Est, più vicino al centro cittadino: la Guardia di finanza sta cercando di capire perché, all'epoca, i lavori di consolidamento si fermarono lì.

IL SEQUESTRO
Ieri, le Fiamme gialle (guidate dal colonnello Ivan Bixio) sono andate nelle tre sedi di Società autostrade coinvolte nell'inchiesta: Roma, Genova ma anche Firenze, dove è conservato il cervellone elettronico dell'azienda, attraverso il quale passano mail, chat telefoniche e tutti i documenti informatici che potrebbero essere utili per ricostruire quanto accaduto negli ultimi anni. Tra gli atti sequestrati anche la corrispondenza con il ministero e con le società della galassia Autostrade a cominciare dalla Spea, che stava curando il progetto di messa in sicurezza dei piloni.

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