Piazza della Loggia, ergastoli dopo 41 anni: condannati Maggi e Tramonte

Piazza della Loggia, ergastoli dopo 41 anni: condannati Maggi e Tramonte
di Nino Cirillo
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Giovedì 23 Luglio 2015, 06:16 - Ultimo aggiornamento: 24 Luglio, 11:14

Otto ore di camera di consiglio per quarantuno anni di attesa, ma alla fine la sentenza, e le lacrime di chi in questi anni non si era mai rassegnato: due ergastoli per la strage di Brescia, 28 maggio 1974, praticamente due generazioni fa, carcere a vita per l'ex ispettore veneto di Ordine nuovo Carlo Maria Maggi e per «Tritone», l'ex fonte dei servizi segreti di allora, al secolo Maurizio Tramonte. Lo ha deciso la seconda sezione della Corte d'Assise d'Appello di Milano, la sentenza è stata letta poco dopo le nove di ieri sera.

LE REAZIONI

Un verdetto che accoglie in pieno le richieste del procuratore generale Maria Grazia Omboni e che soprattutto ripaga gli sforzi, le amarezze, le delusioni sopportati in tutti questi anni dai familiari delle vittime.

E che in qualche modo invita un Paese intero a riscrivere un pezzo della sua più drammatica storia. Lo ha detto con parole chiare, alla lettura della sentenza, Manlio Milani, il presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime, parlando di un verdetto «decisivo per il Paese», due ergastoli che invitano «a una profonda riflessione su quegli anni, dal '69 al '74».

Già, quegli anni e quel giorno, in piazza della Loggia, alle 10.12 in punto, come avrebbero certificato gli orologi di tutta la città, durante una manifestazione antifascista voluta dai sindacati. Furono otto i morti e cento i feriti per lo scoppio di quella bomba. Ci sono volute tre inchieste giudiziarie per venirne a capo, per inchiodare Maggi e Tramonte, nonostante il mirino fosse puntato fin dall'inizio sugli ordinovisti veneti, nonostante tutto fosse già abbastanza chiaro a chi aveva indagato su Piazza Fontana, sulla strage a Milano di cinque anni prima.

LE TAPPE

Brescia giurò a se stessa che avrebbe trovato una verità, ma non è stato facile. La cronistoria dei processi che sono seguiti lo dimostra. Sulle base delle primissime indagini solo cinque anni dopo, «solo» rispetto a tutto quello che poi ne è seguito, venne condannato all'ergastolo Ermanno Buzzi, mezzo criminale comune e mezzo terrorista nero. Condannato e strangolato un anno dopo nel supercarcere di Novara da Mario Tuti e Pier Luigi Concutelli.Perché «era una pederasta» dissero, e non si seppe mai davvero il perché. Questo Buzzi si rivelò «un cadavere da «assolvere», lo stabilì nel 1984 la Cassazione dando il via tre anni dopo a quella sarebbe stata l'inchiesta bis. Imputati i neofascisti Cesare Ferri, il fotomodello Alessandro Stepanoff e Sergio Latini.

Una nuova pista, aperta dopo le dichiarazioni di alcuni pentiti tra cui Angelo Izzo, che si rivela una falsa pista. Un anno dopo al nuovo processo di secondo grado vengono tutti assolti, la verità resta lontanissima, il dolore dei familiari non trova pace. È un batti e ribatti estenuante di processi e di assoluzioni,fino ad arrivare al 2010, quando finalmente decolla la terza inchiesta, dopo l'ennesima assoluzione di Maggi e Tramonte e dell'ex ordinovista Delfo Zorzi. I frutti si vedranno a febbraio di un anno fa, quando la Cassazione stabilisce che un nuovo processo dovrà accertare le responsabilità di Maurizio Tramonte, un uomo considerato vicino ai servizi, che tanto ha parlato negli anni di eversione e bombe, e di Carlo Maria Maggi, ottantenne medico veneziano, all'epoca a capo di Ordine Nuovo nel Veneto. Diciotto mesi dopo, finalmente la sentenza.