Pescara: «Alessandro picchiato prima di essere ucciso»

Pescara: «Alessandro picchiato prima di essere ucciso»
di Paolo Vercesi
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Domenica 11 Marzo 2018, 10:08 - Ultimo aggiornamento: 19:26

PESCARA - Per ricostruire i tasselli di un puzzle che lentamente sta prendendo forma sull'omicidio di Alessandro Neri, i carabinieri del Comando provinciale di Pescara hanno voluto sentire soprattutto lui, nonno Gaetano Lamaletto, novantenne che in Venezuela ha costruito una fortuna nell'edilizia e che ha scelto di rientrare nel suo Abruzzo per godersi gli anni della vecchiaia. E' a lui che i militari hanno chiesto di eventuali collegamenti tra il nipote Alessandro, assassinato con un colpo di pistola al petto e lasciato cadavere in un fosso alla periferia di Pescara, e gli affari nel paese sudamericano che la famiglia Lamaletto continua a condurre tramite un altro nipote, Camillo, che fa la spola tra Venezuela e Miami. Una pista che l'anziano capofamiglia sembra aver escluso ma che i carabinieri continuano a battere, non scartando neppure l'ipotesi di una faida famigliare - un anno e mezzo fa mamma Laura e il figlio Alessandro sono stati estromessi dall'azienda vitivinicola Il Feuduccio -, pur seguendo anche altre strade in un contesto tutto locale. Due in particolare: quella della droga e un'altra, più banale, della storia passionale con reazioni sfociate in tragedia.

UN'ESECUZIONE
Il movente resta sconosciuto ma l'ipotesi del fatto criminale è rafforzata dalla dinamica dei fatti: Alessandro Neri, che il 31 marzo avrebbe compiuto 29 anni, lunedì è andato all'appuntamento con la morte. Conosceva la persona che avrebbe incontrato e che è stata il suo killer. Il colpo di pistola al petto dice che Alessandro è stato giustiziato, dunque era stato chiamato a rispondere di uno sgarro. C'è di più: nella folta comunità venezuelana a Pescara si racconta che sia stato pestato di botte prima di ricevere il colpo mortale. Circostanza che farebbe cadere l'ipotesi di una situazione sfuggita di mano da chi magari voleva limitarsi a spaventarlo.

«E' un ragazzo perbene, questa è una famiglia di gente perbene» ripetono gli amici che da subito si sono stretti alla famiglia, a mamma Laura e a papà Paolo, e che per tutta la giornata di ieri hanno fatto sentire la loro vicinanza portando persino buste di viveri, una forma di sostegno usuale, raccontano, nella comunità venezuelana. Amici che hanno alzato un cordone di protezione impedendo alla famiglia di Alessandro ogni contatto esterno. Solo nel pomeriggio il papà Paolo, gioielliere a Firenze, ha lasciato l'abitazione per andare all'ospedale di Pescara dov'era in corso l'autopsia condotta dal dottor Cristian D'Ovidio sul corpo del figlio. Autopsia che ha fornito elementi utili alle indagini, dicono gli inquirenti. La salma non è stata restituita ai parenti. «Era un bravo ragazzo. Ed era mio figlio. Cos'altro volete che dica? Neppure noi abbiamo idea di cosa sia potuto accadere» ha detto il genitore gonfio di dolore. Eppure i carabinieri sono fiduciosi di aver imboccato la pista giusta. La speranza è che sia così e che l'assassino si senta braccato.

TELEFONO E TELECAMERE
In queste ore gli uomini del Ris si stanno concentrando sull'esame dei tabulati telefonici del ragazzo - il suo cellulare risultava irraggiungibile da lunedì sera, giorno in cui Alessandro potrebbe essere stato ucciso - e sulle immagini delle telecamere in città nei pressi della via Mazzini, in pieno centro, luogo in cui è stata ritrovata la 500 cabrio rossa di Alessandro, parcheggiata e pulitissima. Le indagini dovranno cercare di stabilire se l'auto fosse stata lasciata lì dal ragazzo - ma un testimone racconta di averla vista lì solo mercoledì, due giorni dopo la scomparsa di Alessandro - o se ci sia stata portata da un'altra persona, forse dall'assassino.

Alessandro Neri, amico di tutti, amava il calcio ed era tifoso del Pescara: la tifoseria ultrà dei Rangers, con cui seguiva le partite dalla curva nord, gli ha dedicato ieri uno striscione allo stadio dove si è giocata Pescara-Parma. «Nerino nel cuore. La Nord ti rende onore». Il centrocampista biancazzurro Brugman ha deposto un mazzo di fiori ai piedi della grande foto del ragazzo esposta in curva.

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