Shalabayeva in aula a Perugia: «Quello mio e di mia figlia fu un rapimento»

Alma Shalabayeva
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Lunedì 21 Maggio 2018, 17:04 - Ultimo aggiornamento: 22 Maggio, 07:37
«Quello mio e di mia figlia Alua fu un rapimento». Alma Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako Muktar Ablyazov espulsa dall'Italia, messa su un aereo e rispedita in Kazakistan, conferma in tribunale a Perugia la sua versione di quanto accadde quel 31 maggio del 2013. La donna è stata sentita dal Gip Carla Giangamboni con la formula dell'incidente probatorio nell'udienza sulla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla procura nei confronti di 11 persone, accusate a vario titolo di sequestro di persona e falso: l'allora capo della squadra mobile di Roma e attuale questore di Palermo Renato Cortese, l'allora capo dell' ufficio immigrazione di Roma e attuale questore di Rimini Maurizio Improta, il giudice di pace Stefania Lavore, cinque poliziotti e tre funzionari dell'ambasciata kazaka di Roma. 

«La signora Shalabayeva - ha detto al termine dell'udienza l'avvocato Astolfo D'Amato - ha confermato la sua versione, punto per punto».
L'udienza riprenderà il 30 maggio, quando toccherà alle difese. «Ha sostanzialmente confermato la linea che aveva sempre prospettato - ha confermato il professor Coppi, che assiste Cortese - anche se ci sono state piccole variazioni rispetto a quanto sostenuto in precedenza».
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