Se pure la Camera indaga su Pasolini: una commissione d'inchiesta sul poeta

Pasolini
di Marco Gervasoni
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Mercoledì 18 Maggio 2016, 09:35 - Ultimo aggiornamento: 19 Maggio, 11:50
Siamo una Repubblica fondata sulle commissioni parlamentari d'inchiesta. È notizia di ieri la creazione dell'ennesima, più piccola delle altre e limitata alla Camera dei Deputati. Quale mistero dovrà scoprire questa commissione? Addirittura la mano (o le mani) che hanno ucciso Pier Paolo Pasolini, il 2 novembre di quarantuno anni fa. La relatrice, la parlamentare di Sinistra Italiana Celeste Costantin, vede infatti nell'atto delittuoso “connessioni” con altri eventi.

Tra questi eventi la morte del presidente dell'Eni Enrico Mattei del 1962, del giornalista Mauro De Mauro nel 1970 e (immancabili) la loggia P2 e gli “apparati deviati”. Va ancora più lontano la parlamentare di Sel, Serena Pellegrino, all'origine della proposta assieme al democratico Paolo Bolognesi; per lei, citazione dal suo sito, «c'e' un fil rouge che collega tutto questo ai nostri anni, anche alle Torri gemelle».

Nessuno pensa che la morte del grande poeta, critico letterario e regista (sull'analista politico abbiamo invece serie riserve) sia stata chiara, anche se certamente essa non fu in contraddizione con le legittime abitudini di Pasolini, ben testimoniate dai contemporanei e dai biografi. Eppure la tesi che il poeta sia stato ucciso dal solito complotto in cui, con gli anni, come in un teatro di posa, entrano ed escono i soggetti più svariati, dalla mafia alla Cia, dalla P2 ai servizi deviati, dalle “sette sorelle” all'estrema destra, ci lascia piuttosto perplessi. Se non altro perché, rispetto ad esempio alla morte di Mattei, il cui prodest qui ci sembra non essere così chiaro. Ammazzare Pasolini per non farlo parlare, d'accordo, ma su quali fossero i segreti così scottanti e soprattutto come lo scrittore se li fosse procurati, i sostenitori della tesi del complotto non sembrano molto convincenti. In ogni caso, vedremo.
 
L'importanza delle commissioni d'inchiesta parlamentari sta proprio nella possibilità di accedere, si presume ben più della magistratura ordinaria, a documentazioni secretate: quindi se c'è materia, essa emergerà. Anche se, a giudicare da quello che hanno lasciato nel passato le numerose commissioni d'inchiesta, ben più vaste e su casi ben più ingombranti, da quella Moro a quella sulla P2 fino a quelle più recenti sulle stragi e sulla Mitrokhin, c'è da essere scettici. A fronte di quintali di carte di documenti, di testimonianze, di relazioni, lasciate a beneficio degli storici, e spesso piene di preziosi documenti per gli studiosi, nessuna di questa pare essere giunta a una “verità” di tipo giudiziario, diversa o definitiva rispetto a quanto ha sentenziato la magistratura.

Anzi in molto casi la contrapposizione politica e partitica, ovvia in una commissione parlamentare, ha creato vespai di polemiche e ha fatto chiudere i lavori della commissione con relazioni di maggioranza e di minoranza, con una “verità” democristiana e una “comunista”, con una verità di destra e una di sinistra. Nel frattempo, oscuri peones, grazie ad alcune di queste commissioni, sono riusciti a bucare gli schermi dei media e ad apparire - l'ossessione per ogni deputato alle prime armi - anche se non sembra che attraverso questa filiera siano emersi leader di qualche spessore. Strana, questa classe politica. Laddove dovrebbe legiferare per impedire che al suo posto lo facciano i magistrati, il cui compito non è quello, si ritrae. E laddove invece dovrebbe far lavorare i magistrati, si mette a rubare loro il mestiere, senza averne le competenze. Meglio, molto meglio allora rimettersi a leggere Le ceneri di Gramsci, e lasciare Pasolini nell'ideale Pantheon in cui giustamente riposa.
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