Parolisi in caserma, amori e bugie
I colleghi: «Ci chiese di stare zitti»

Salvatore Parolisi, secondo da destra, con un gruppo di commilitoni
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Venerdì 22 Luglio 2011, 10:52 - Ultimo aggiornamento: 15 Agosto, 00:32
dal nostro inviato Nino Cirillo

ASCOLI PICENO - Il Parolisi play boy tutto nelle carte del Ros. Un play boy un po’ vigliacco e un po’ sgualcito da una vita sicuramente modesta, uno che subito dopo la scomparsa di Melania andò a raccomandarsi a ogni collega di non dir nulla ai carabinieri delle sue piroette d’amore. E invece tutto è venuto fuori, proprio tutto. Quando il 27 aprile, alle sei e cinque del pomeriggio, Nicola Caterino -comandante della terza squadra del terzo plotone della stessa compagnia di Parolisi- si siede davanti al capitano D’Ortona, nella caserma dei carabinieri di Ascoli, inizia la sua testimonianza ricordando «di aver notato abitualmente, durante l’orario di servizio, il Parolisi trattenersi al telefono per 30-40 minuti al giorno intuendo che l’interlocutore non fosse la moglie». Caterino mette subito sul piatto la storia di Ludovica, affermando «di essere a conoscenza che agli inizi del 2009 il Parolisi iniziò a provare un certo interesse, ricambiato, nei confronti di una volontaria di origine laziale, che al termine del corso fu destinata a un reparto di Roma». Aggiunge «di sapere che la relazione tra il Parolisi e Ludovica era continuata anche dopo il trasferimento di quest’ultima e che il Parolisi disponeva di una seconda scheda telefonica, intestata a lei...». E di essere a conoscenza «che il Parolisi aveva avuto una seconda relazione di breve durata con un’altra allieva, tale Rosa».



Questa testimonianza è una specie di svolta per le indagini, le fa virare tutte sul triangolo Salvatore-Melania-Ludovica. E così arrivano altre conferme. Sia il 3 sia il 4 maggio viene ascoltato Libero D’Agostino, anche lui collega di Parolisi, comandante della seconda squadra del terzo plotone della caserma Clementi. E neanche D’Agostino si fa pregare, anzi va oltre. Si dice sicuro del fatto «che il Parolisi abbia intrattenuto relazioni con allieve durante la sua permanenza, anche se lo stesso non si era mai confidato direttamente con lui», e racconta di aver notato, proprio come Caterino, che «il Parolisi effettuava e riceveva telefonate per due-tre ore al giorno utilizzando un cellulare dedicato e che sicuramente non parlava con la moglie». D’Agostino solleva anche il primo velo sulla vita nella caserma, non solo quella di Parolisi: «All’interno del reggimento capitava spesso che gli istruttori avessero relazioni con le allieve, generalmente con quelle della propria squadra o plotone con le quali vi sono più occasioni di contatto». E racconta -a proposito delle ore appena successive alla scomparsa di Melania- di essere rimasto «in compagnia di Salvatore, il 19 aprile dalle 13.30 alle 19 all’interno del reggimento, di aver appreso dallo stesso che i carabinieri gli avevano chiesto di sue eventuali relazioni extraconiugali..., di essere stato invitato da Salvatore a non riferire, nel caso in cui fosse stato invitato dai carabinieri, delle sue relazioni extraconiugali, aggiungendo che vi avrebbe provveduto lui stesso». Ma D’Agostino non si fa convincere e dice tutto quello che sa. Proprio come Raffaele Pagano, un terzo collega di Parolisi, uno che prestò servizio insieme a lui nel 2005 a Tolmezzo, nel corpo degli alpini. Pagano viene sentito il 19 maggio -le indagini intanto hanno fatto grossi passi avanti- e racconta non solo della relazione di Salvatore con Rosa, ma ricorda anche lui, come fosse un refrain, «di aver notato Parolisi trattenersi parecchio tempo al telefono, in caserma, appartandosi dietro lo stabile della compagnia».



E anche lui riferisce «di essere stato ammonito da Parolisi a non riferire eventualmente agli inquirenti il particolare che durante l’orario di servizio si intratteneva sovente al telefono». Ma è da una intercettazione telefonica del 25 maggio -ormai più di un mese dopo l’omicidio di Melania, avvenuto il 18 aprile- tra Parolisi e la sorella Francesca, che vengono fuori le verità più crude sulla sua vita all’interno della Clementi. Salvatore parla con Francesca dalle 9.38 alle 10.02, ed è agitatissimo: «Può darsi che mi danno una punizione, a livello disciplinare mi puniscono, non so in base al loro giudizio oppure perché la cosa è troppo grossa chiudono un occhio...». La sorella cerca invano di rassicurarlo, lui continua: «Ma sai quante cose escono in mezzo. Hai capito, tu non guardare solo a dire ora non è uscito nulla. Io non so quello che è stato raccontato dai ragazzi lì dentro. Non pensare che ero l’unico ad avere qualche contatto così...». E qui arriva un passaggio tutto da decifrare. Franca: «Ora esce tutto fuori». Salvatore: «Sì, ora esce fuori pure qualche altro...». Franca: «Qualche altro cliente...». Salvatore: «Eh ... capito, pure per dire tutte quelle cose brutte, no...». E quando la sorella gli consiglia: «Tu devi dire che purtroppo non è stata colpa mia», il caporalmaggiore pronuncia la frase più oscura di tutta l’intercettazione, la più inquietante: «Mi dispiace che ci ha rimesso Melania...». E che mai vorrà dire visto che in nessuna deposizione, in nessuna intervista Salvatore ha mai messo in relazione l’omicidio con la sua vita in caserma? Il tocco finale, quest’uomo oggi in carcere, accusato di aver ucciso la giovane moglie con l’aggravante della crudeltà, lo offre quando si tratta di depistare le indagini. Va a ripescare nel cahier delle sue conquiste e alcune le dà deliberatamente in pasto ai carabinieri. Racconta di un certa Annamaria «con la quale aveva avuto qualche contatto telefonico poi interrotto», come se bastasse questo per arrivare a un delitto. Poi tira fuori il nome di una Alessandra «che tempo addietro gli aveva inviato un sms dal seguente tenore “buonanotte mio sogno proibito” e che durante un servizio come sergente di giornata lo aveva invitato nella sua camera mostrandogli la propria biancheria intima». Non risparmia sospetti neppure a una Nunzia «che stravedeva per lui e che aveva molto sofferto alla fine del corso, all’atto del trasferimento». Questo, insomma, è Salvatore Parolisi da Frattamaggiore: né ufficiale né gentiluomo.
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