La regia dei boss sul mercato ortofrutticolo di Palermo. «Confiscati beni per 150 milioni»

La regia dei boss sul mercato ortofrutticolo di Palermo. «Confiscati beni per 150 milioni»
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Martedì 14 Agosto 2018, 10:43 - Ultimo aggiornamento: 16 Agosto, 11:24
Dopo il duro colpo inferto alla mafia siciliana dalla Direzione investigativa antimafia di Palermo lo scorso venerdì con la maxi-confisca di 400 milioni di euro a carico dell'ex deputato regionale Giuseppe Acanto, stamani il Centro operativo Dia ha dato esecuzione a un nuovo decreto di confisca beni, emesso dalla sezione Misure di prevenzione del locale Tribunale.

La vicenda. Le mani dei boss sul mercato ortofrutticolo di Palermo. Beni per 150 milioni di euro sono stati confiscati dalla Dia del capoluogo siciliano ad Angelo e Giuseppe Ingrassia, 61enni, ritenuti dagli investigatori «vicini e contigui» a Cosa nostra. Dalle indagini è emersa l'infiltrazione di Cosa nostra nel mercato ortofrutticolo sia direttamente sia attraverso prestanome, tramite l'influenza della famiglia mafiosa dell'Acquasanta, retta dal clan dei Galatolo. Il provvedimento, che trae origine da una proposta avanzata dal direttore della Dia, ha interessato numerosi beni immobili tra cui fabbricati, appartamenti, terreni, negozi e magazzini, quote di partecipazione societaria, autocarri, auto e moto veicoli e diversi rapporti bancari e prodotti finanziari per un valore stimato in complessivi 150 milioni di euro. Giuseppe Ingrassia, inoltre, è stato ritenuto dal Tribunale di Palermo «socialmente pericoloso» e sottoposto a sorveglianza speciale per quattro anni.

Regia occulta. Una vera e propria regia occulta al mercato ortofrutticolo di Palermo in grado di monopolizzare tutto, dal prezzo dei beni in vendita ai centri di approvvigionamento.
Il provvedimento, emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, è stato eseguito dal Centro operativo Dia. «I soggetti colpiti, titolari di vari stand e profondi conoscitori del metodo di funzionamento del mercato ortofrutticolo - spiegano gli investigatori -, ne monopolizzavano l'attività attraverso l'utilizzo dei servizi forniti dalla cooperativa 'Carovana Santa Rosalià (compravendita di merce, facchinaggio, parcheggio, trasporto e vendita di cassette di legno e materiale di imballaggio)».
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