Migranti, stretta sulle navi delle Ong: le misure

Migranti, stretta sulle navi delle Ong: le misure
di Cristiana Mangani
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Mercoledì 2 Agosto 2017, 10:26
«Fuori dal sistema organizzato per il salvataggio in mare»: il Viminale lo ha detto chiaro a tutte le Ong che hanno scelto di non firmare il Codice di condotta. E questo vorrà dire che non si potrà più solcare il Mediterraneo violando le regole, valicando le acque territoriali libiche, e agevolando - sebbene per salvare esseri umani - gli affari dei trafficanti.

Il ministro Minniti non ha preso bene la decisione di alcune importanti organizzazioni non governative di rimanere fuori dall'accordo, e così, ieri, ha convocato un tavolo tecnico al quale hanno partecipato Guardia costiera, Polizia, Carabinieri, Guardia di finanza, Capitaneria di porto, per mettere a punto un piano di controlli, di ispezioni di bandiera, di possibili divieti. Negli uffici del ministero spiegano che non si tratta di una reazione per rappresaglia, ma solo di un problema di organizzazione e ordine che, con il nuovo assetto in mare di Guardia costiera libica e unità navali italiane, rischierebbe di creare qualche problema.

L'AREA SAR
Per questa ragione è facile immaginare che si tenteranno tutte le strade per limitare il flusso di migranti, forti anche del sostegno della Commissione europea che è intervenuta in nostro favore. Chi non ha firmato il Codice - hanno dichiarato - non si vedrà riconoscere la garanzia di trasferire i profughi salvati nei porti italiani, se l'area in cui sono stati soccorsi non è quella di competenza dell'Italia. «L'idea del Codice - ha ricordato la portavoce della Commissione Ue per Migrazione e Affari interni Natasha Bertaud - era stata unanimemente sostenuta dai ministri dell'Interno al consiglio, perché questo documento porterà molta più chiarezza e assicurerà alle organizzazioni che, se aderiscono ad alcuni principi in linea con la legge internazionale, avranno la garanzia di accedere ai porti italiani.

La legge internazionale continua a essere valida in tutte le circostanze e richiede che la barca più vicina all'incidente faccia il salvataggio dei migranti e proceda a un porto sicuro». Quindi, se il soccorso avviene in un'area Sar, ovvero di Search and rescue, non italiana, la responsabilità di indicare il porto più sicuro spetterà allo Stato di bandiera dell'imbarcazione. In caso di trasbordo, si considera la bandiera battuta dalla seconda nave. Ma ora il trasbordo è vietato, se non per casi di estrema emergenza.

E allora come potrà reagire l'Italia? Il Viminale, forte del sostegno della Commissione europea potrebbe, come estrema ratio, decidere di vietare l'attracco in porto. Ma è l'ultima ipotesi che si intende percorrere, anche perché nel Governo non tutti sono d'accordo, a cominciare dal ministro dell'Infrastrutture Graziano Delrio, il quale ha detto chiaramente che non è possibile. Ma potrà anche scegliere di bloccare l'accoglienza nei porti siciliani e indicare alle navi delle Ong altre sedi come Livorno, Gaeta, Napoli, Civitavecchia.

Attracchi molto più lontani che richiedono maggiori costi e viaggi più lunghi. Il tavolo tecnico ha poi messo in campo una serie di altri interventi possibili: dall'accertamento economico all'ispezione igienico sanitaria, dalla classificazione dell'imbarcazione alla documentazione del personale di bordo. Per le Ong non sarà una vita facile, perché controlli lunghi potrebbero costare una sosta in porto anche di 15 giorni.

NO AL SOCCORSO
E' stata presa in considerazione anche l'idea di vietare al barcone umanitario di intervenire nel soccorso. Basterà che la Guardia costiera allertata per la presenza di un gommone pieno di disperati, decida di assegnare l'operazione a una delle Ong presenti nella zona che ha aderito al Codice di condotta, come Save the children o Moas. Anche perché, per gli esperti del Viminale, continua a rimanere misteriosa la posizione di Medici senza frontiere che ha scelto di non aderire all'accordo, proprio loro che hanno due navi in mare e una battente bandiera italiana. Le forti pressioni di Bruxelles, dove ha sede il Centro operativo, avrebbero fatto propendere per il dietrofront.
In attesa che la situazione si evolva, luglio ha fatto registrare un dimezzamento degli sbarchi, che porta il totale di arrivi del 2017 sugli stessi livelli del 2016. Un dato che segnala una maggiore capacità di contenimento da parte della Guardia costiera libica.
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