Il business nozze false per avere la cittadinanza: solo a Roma 30 unioni combinate

Il business nozze false per avere la cittadinanza: solo a Roma 30 unioni combinate
di Michela Allegri
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Domenica 18 Giugno 2017, 08:36 - Ultimo aggiornamento: 19 Giugno, 00:29
ROMA Lo scambio delle fedi, la firma dei testimoni. La registrazione delle nozze, le notti passate sotto lo stesso tetto solo in attesa della visita dei poliziotti della Questura. Poi, ognuno per la sua strada: la sposa, italiana, con poche centinaia di euro in tasca, e lo sposo, straniero, con un permesso di soggiorno regolare che, trascorsi cinque anni senza intoppi, potrebbe trasformarsi addirittura in cittadinanza. È il business dei falsi matrimoni per regolarizzare la condizione di migliaia di stranieri clandestini. Business, appunto, perché i procacciatori di consorti guadagnano cifre a tre zeri. Il giro spazia dal Nord al Sud e raggiunge stime importanti.
Solo a Roma, la Procura ha aperto almeno trenta fascicoli su nozze combinate e fasulle, contestando il falso ideologico e il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Il pubblico ministero Pierluigi Cipolla è partito da un caso sospetto. Una donna romana che si era unita in matrimonio con un arabo che non sapeva pronunciare nemmeno una parola in italiano. A procacciare la sposa, ovviamente dietro pagamento, era stata una famiglia residente nella Capitale, che è già finita sotto processo. Alla cerimonia non c'erano invitati, ma erano presenti due falsi testimoni. Erano della stessa nazionalità del finto marito. Approfondendo gli accertamenti, il pm ha scoperto che anche loro erano coniugati con italiane e pure quelle nozze sono risultate false. L'inchiesta ha quindi avuto una svolta: indagando di matrimonio in matrimonio, sono spuntati casi irregolari a matrioska.

I CASI
Un'indagine simile è stata svolta anche a Velletri, lo scorso anno. I futuri mariti, provenienti principalmente da Siria e Marocco, raggiungevano Roma dalla Grecia. Ad aspettarli in aeroporto, le promesse spose, che guadagnavano circa 500 euro. Gli organizzatori, invece, intascavano almeno 10mila euro a permesso di soggiorno.

I procacciatori di mogli e mariti sono molto spesso italiani. Come nel caso dell'inchiesta scattata a Savona lo scorso febbraio e che, partendo dalla Liguria, si è estesa fino al Piemonte e all'Emilia Romagna. L'indagine era partita dopo la denuncia di un'impiegata dell'ufficio Anagrafe del Comune, che aveva assistito a una scena da film. Una donna, allo sportello, aveva dichiarato di voler avviare le pratiche di matrimonio con uno straniero. La stessa sposina novella, però, la settimana precedente, aveva registrato le nozze con un altro uomo, sempre immigrato. In questo caso, sono finite in carcere quindici persone, tra cui quattro magrebini e un italiano che, per gli inquirenti, sarebbe stato l'organizzatore del business. Indagando, gli investigatori hanno scoperto che il gruppo organizzava matrimoni in serie, non solo nei piccoli comuni liguri, ma anche in quelli piemontesi ed emiliani. Le spose erano finite ai domiciliari. Mentre tutti i falsi mariti erano finiti tutti sul registro degli indagati, più che mai multietnico: erano tunisini, marocchini, algerini, egiziani, tutti, ovviamente, extracomunitari. Il prezzo del pacchetto matrimonio-permesso di soggiorno, variava dai 12mila ai 14mila euro.

IL COPIONE
Il copione è sempre lo stesso. Per recitare la parte della sposa innamorata, vengono ingaggiate donne povere e sole, a volte giovani ma precarie sul lavoro, che arrivano a fatica alla fine del mese. In cambio di poche centinaia di euro, accettano di giurare amore eterno - e falso - a un perfetto sconosciuto. I gestori del business non tralasciano nemmeno un dettaglio: organizzano le nozze, reclutano i testimoni, per rendere tutto più credibile pensano addirittura ai festeggiamenti e alla luna di miele. Un paio di giorni prima della cerimonia, i futuri sposi vengono fatti conoscere. Poi, si instaura la pratica, con tanto di pubblicazione.

Arriva quindi la tappa in Questura, dove lo straniero chiede il ricongiungimento familiare con permesso di soggiorno. Gli agenti avvisano che effettueranno un controllo a casa per verificare l'effettiva residenza dello sposo, indicando la settimana della visita. Così, la recita prosegue, in attesa dell'arrivo dei funzionari dell'Ufficio Immigrazione. Il piano, spesso, è talmente curato da ingannare tutti quanti. Sul citofono sono indicati i nomi degli sposini novelli. Poco importa che i due non parlino la stessa lingua: alle domande dei funzionari, la moglie risponde che stanno imparando a comunicare e che l'amore che li lega è più forte delle parole. Dopo le verifiche, ognuno va per la sua strada. Spesso, però, la finzione prosegue: passati 5 anni, lo straniero può fare richiesta di cittadinanza.