L'intervento/ Notizie false sul web, urgente una risposta responsabile

di Paolo De Angelis
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Venerdì 17 Febbraio 2017, 00:08 - Ultimo aggiornamento: 01:03
Controllare Internet: è davvero necessario? Soprattutto, è possibile? Nelle ultime settimane questo tema è stato oggetto di un acceso dibattito, partito dalla proposta del Garante della Concorrenza di creare un’Autorità pubblica che individui le fake news e si attivi per la loro rimozione; molti hanno gridato alla censura, perché limiterebbe la libertà del web sulla base di una arbitraria ripartizione delle notizie in “corrette” e “false”. Il pericolo delle notizie false (fake news, appunto) però rimane e la sua diffusione crescente rende necessaria una approfondita riflessione; le libertà fondamentali come quella di espressione sono inviolabili ma troppo spesso questo diritto viene strumentalizzato con abusi che rendono necessaria e con urgenza una regolamentazione del sistema. 
C’è l’appello sul sito bastabufale.it, sottoscritto dalle massime autorità istituzionali dello Stato, che segnala l’esigenza di mettere un freno ad un fenomeno in preoccupante espansione. E a Palazzo Madama è giunta una proposta trasversale (elaborata da Pd, Forza Italia e Lega) per mettere sotto controllo le news. Occorre tuttavia avere idee chiare sul problema e sulle possibili soluzioni. In primo luogo, quali sono i casi in cui è necessario intervenire? Si tratta di individuare un punto di equilibrio per garantire sia il diritto di informare che il diritto di essere informati. Ci sono casi “facili”: terrorismo, pedopornografia, riciclaggio, crimini informatici, l’uso illecito della rete devono essere bloccati sul nascere ed è compito dello Stato e dei sistemi di web security. 
Ma il vero problema si pone quando i siti diffondano tesi ed opinioni dissenzienti o in contrasto con quelle ufficiali, come avviene a proposito dei vaccini (alcuni siti alimentano l’idea che siano pericolosi e portatori di patologie gravissime), o del gossip del mondo politico o dello spettacolo, con notizie spesso inventate e diffamatorie oppure dei profili social con false identità, dietro i quali si celano veri professionisti della disinformazione. C’è un rimedio a questi casi? Oppure si rischia di privilegiare l’informazione “ufficiale” e di mettere la sordina al dissenso e al diritto di accesso a tutte le fonti di informazione?
Va detto con franchezza che un rimedio totale non esiste e non è tecnicamente possibile; ma in questi casi gli interessi in gioco sono molto delicati ed è necessaria una risposta seria e responsabile. Qualcosa si muove nel mondo dei giganti di Internet. Google ha deciso da gennaio 2017 di togliere la pubblicità, diffusa automaticamente dai sistemi che regolano il motore di ricerca, ai siti che diffondono fake. 

Per ora è una risposta simbolica (appena 550 siti nel mondo sono stati “puniti”) ma di grande efficacia in prospettiva perché priverebbe di linfa vitale (i proventi pubblicitari) gli autori di fake, destinati così alla chiusura; ha però il difetto di essere una soluzione basata sulla decisione unilaterale ed insindacabile di Google, che si attribuisce il diritto di scegliere cosa sia “giusto” e cosa “sbagliato”, col rischio che il rimedio sia peggio del problema da risolvere. Twitter ha avviato una campagna contro i falsi profili che diffondono fake, che una volta individuati verranno cancellati e ai loro autori sarò impedito di crearne di nuovi; lodevole iniziativa ma i pirati informatici, si sa, rientrano dalla finestra se cacciati dalla porta e le false identità rischiano di moltiplicarsi senza limite. Infine, Facebook ha deciso di cambiare il suo algoritmo, privilegiando le notizie “certificate” da canali ufficiali e tracciabili (stampa, società scientifiche, enti riconosciuti) e mettendo in secondo piano le altre; iniziativa che, tra tutte, è la più mirata perché non taglia fuori nessuno e tutte le notizie restano in rete ma con una visibilità direttamente proporzionale alla attendibilità delle fonti e dei siti che le diffondono. Così le notizie non certificate vanno in secondo piano e perdono gran parte della loro capacità di diffusione “virale” che è poi la forza che alimenta i fake. 

Non è ancora sufficiente ma è un passo avanti nel controllo responsabile della rete; si evitano i pericoli della censura, sempre in agguato anche nelle migliori intenzioni, ma si trova una forma di tutela degli utenti contro i pericoli dei fake, per un utilizzo responsabile delle informazioni in rete. 

A ben vedere, il problema si sposta dalla diffusione delle notizie false (di difficile controllo) alla capacità degli utenti di difendersi da una informazione scorretta e su questo terreno c’è tanto da fare perché si tratta di educare all’informazione ai tempi di internet, per sviluppare “anticorpi” culturali che aiutino ad individuare le notizie false e a orientarsi su quelle affidabili. Insomma, le “bufale” e i fake sono fenomeni preoccupanti; ma l’approccio superficiale e la scarsa competenza degli utenti sono il vero problema da affrontare.

* Magistrato presso il Tribunale di Cagliari
 
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