Mafia, preso l'uomo di fiducia di Messina Denaro

Mafia, preso l'uomo di fiducia di Messina Denaro
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Venerdì 6 Luglio 2018, 08:50 - Ultimo aggiornamento: 7 Luglio, 11:16
Un «uomo di fiducia del boss latitante Matteo Messina Denaro», come viene definito dagli inquirenti, è stato arrestato dalla Dia di Trapani che ha anche sequestrato beni allo stesso Nicolò Clemente. La Dia ha eseguito l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP del Tribunale di Palermo, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti del noto imprenditore edile, ritenuto responsabile di associazione a delinquere di stampo mafioso, e un provvedimento di sequestro preventivo delle società Calcestruzzi Castelvetrano s.r.l., avente ad oggetto il commercio di conglomerati cementizi, e Clemente Costruzioni s.r.l., impegnata nell'attività di movimento terra e costruzione generale di edifici, entrambe con sede in Castelvetrano e a lui riconducibili.

L'operazione «si inserisce nell'ambito delle numerose iniziative investigative, sia preventive che giudiziarie, condotte dalla DIA, sotto la direzione della DDA di Palermo, tese a disarticolare la rete dei consociati mafiosi più vicini al latitante Messina Denaro, attraverso l'individuazione e l'eliminazione dal mercato delle imprese mafiose che costituiscono le principali fonti di approvvigionamento finanziario dell'organizzazione mafiosa castelvetranese».

Le attività d'indagine che hanno portato all'arresto di Clemente e al sequestro delle sue aziende, sono scaturite dalle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa e, in misura minore, da Giuseppe Grigoli, entrambi condannati in via definitiva quali appartenenti alla famiglia mafiosa di Castelvetrano, che hanno indicato Clemente come una delle più attive espressioni imprenditoriali di quel sodalizio, «capace di infiltrare e condizionare il tessuto economico locale nei settori dell'edilizia pubblica e privata e nel commercio del conglomerato bituminoso, al fine di assicurare alla citata famiglia significative risorse finanziarie».

Tratto caratteristico dell'operatività del mandamento mafioso di Castelvetrano è, infatti, «la presenza nel tessuto organizzativo della consorteria di mafiosi-imprenditori, che, all'evidenza sfruttando la forza di intimidazione promanante da un sodalizio resosi responsabile notoriamente di gravissimi fatti di sangue, hanno finito per soffocare ogni possibilità di libera esplicazione dell'iniziativa economica nel settore delle costruzioni edili e del calcestruzzo», dicono gli investigatori. Il nucleo famigliare di Clemente «è stato da sempre parte dello zoccolo duro dell'associazione mafiosa attiva nella città di Castelvetrano.

Il fratello Giuseppe, associato di primissimo rango e facente parte della cerchia più ristretta e fidata degli amici di Messina Denaro, fu condannato per il reato di cui all'art. 416 bis c.p. e per alcuni omicidi, commessi in concorso proprio con il citato latitante - ricorda la Dia - Pericoloso killer di cosa nostra trapanese, Clemente esercitò l'attività imprenditoriale insieme al fratello Nicolò. Dopo la condanna all'ergastolo, Giuseppe, afflitto da crisi depressive, si è suicidato in carcere nel 2008, proprio nel giorno del compleanno dell'amico Messina Denaro, scongiurando definitivamente il pericolo di poter cedere alla tentazione di collaborare con la giustizia, circostanza vissuta con grande timore dall'associazione mafiosa e dalla sua stessa famiglia».

«Le indagini hanno dimostrato che Nicolò Clemente, forte del suo rapporto diretto e privilegiato con Messina Denaro - dice la Dia - ha nel tempo sistematicamente partecipato, attraverso le due aziende oggi in sequestro, alla spartizione delle commesse nel settore delle costruzioni edili e del calcestruzzo, che avveniva all'interno di un circuito mafioso/imprenditoriale del quale facevano parte, oltre a Clemente gli imprenditori Giovanni Filardo, Giovanni Risalvato, lo stesso Lorenzo Cimarosa e Rosario Firenze (i primi tre condannati definitivamente per il reato di cui all'art. 416 bis c.p.
e Firenze attualmente detenuto per il medesimo reato, con condanna di primo grado).
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