La natura del sisma/Battere la psicosi con la ragione

di Enzo Boschi
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Giovedì 19 Gennaio 2017, 00:05
Alla stessa velocità delle onde sismiche, a ogni scossa, sembra diffondersi la psicosi dei crolli, anche dove non c’è nessuna probabilità che possano verificarsi, come a Roma. È doverosa una premessa: alcuni comportamenti possono sembrare giustificati. Nel nostro Paese ci sono stati troppi terremoti, con troppi morti. La verità è che non ci fidiamo più degli edifici in cui abitiamo, perché ne abbiamo visti troppi frantumarsi.


Alla prima fluttuazione la mente corre alle macerie di Amatrice, alla devastazione de L’Aquila. Immagini forti, che possono trarre in inganno, facendo passare per buona l’equazione terremoto-palazzi sbriciolati o danneggiati. Ma non è così.

La prudenza non è mai troppa, ovvio, ma è bene sapere che un terremoto che si verifica a cento chilometri di distanza non può provocare danni sostanziali. Anche se si verificano scosse ripetute. E si verificheranno: il terremoto di ieri si può inserire nello stesso sciame che ha sconvolto le Marche e il Reatino il 24 agosto, proseguendo poi il 30 ottobre e ancora nelle settimane successive con migliaia di scosse. Ieri si è attivata un’altra zona, ma fa parte di un unico movimento, che andrà avanti ancora per molto tempo. In Irpinia le scosse sono durate due anni.

Meglio abituarsi allora all’idea che i palazzi ogni tanto possano oscillare, “ballare” si potrebbe dire, ma questo non significa che ci sia un reale pericolo di crolli per colpa del terremoto. Anche la storia ce lo insegna. L’unico sisma che ha davvero danneggiato Roma - e anche in quel caso non in maniera particolarmente violenta - è stato quello di Avezzano nel 1915. Ma attenzione: si trattava di una scossa di magnitudo 7. In termini di energia, era un migliaio di volte più forte rispetto alle scosse di ieri con epicentro a Montereale.
Altra cosa è la percezione del sisma. I latini dicevano che tutte le strade portano a Roma e si potrebbe dire che anche tutte le direzioni sismiche in qualche modo incrocino la Capitale. Le onde che nascono sull’Appennino centrale - una delle zone sismiche più attive d’Europa - attraversano le rocce della crosta terrestre ed è come se avessero una corsia privilegiata verso Roma. Ma sono onde che nella Capitale arrivano già depotenziate della loro capacità distruggere.

Ci pensano poi le rive del Tevere ad amplificare l’effetto oscillatorio. Ai lati del fiume, a causa dei depositi alluvionali, nel corso dei secoli si è creato uno strato di sabbia e ghiaia poco compatto e molto più esposto alle fluttuazioni. Anche un’onda sismica non particolarmente ricca di energia può sembrare molto più potente, specialmente per gli edifici che hanno le radici in prossimità del fiume. Ricordo che nel 1997 ci fu una forte scossa in Umbria e a Roma si sentì con particolare evidenza, anche a Montecitorio uscirono tutti. Lo stesso avvenne con il terremoto dell’Irpinia nel 1980.

Ma oscillazione, anche forte, non è sinonimo di crolli. È vero quindi che un terremoto che si verifica a un centinaio di chilometri da Roma, possa far ondeggiare i palazzi della Capitale. Ma la forza distruttiva del sisma è già stata attenuata dalla distanza. Roma, è sempre bene ricordarlo, non è una zona sismica in senso stretto. Lo dimostrano anche gli splendidi monumenti con 2 mila anni di storia, tutti ancora in piedi. Gli unici terremoti “vicini” alla Città eterna sono quelli dei Colli Albani e sono di piccolissima entità.
È giusto quindi evacuare le scuole, chiudere uffici e metropolitane anche molto lontano dall’epicentro? A mio parere sarebbe più utile non farsi guidare dal panico ingiustificato. Non sono i terremoti che possono provocare le tragedie in città come Roma. Per le scuole, così come per molti edifici pubblici, sarebbe necessaria una verifica puntigliosa. E bisognerebbe garantire condizioni di sicurezza standard in tanti istituti fatiscenti, dove spesso i calcinacci cadono senza nessuna scossa. Per la metropolitana vale lo stesso discorso. Se le strutture sono solide, non c’è motivo di preoccuparsi.

Per sgonfiare questa bolla di paure insensate, ai cittadini, non solo alle istituzioni, servirebbero alcune regole di buon senso. Innanzitutto possiamo – o meglio, dobbiamo - informarci sulla qualità dell’edificio in cui abitiamo e lavoriamo. Poi dovremmo tutti essere consapevoli che anche se una scossa si avverte con chiarezza e gli edifici si muovono, non significa che stanno per crollare, quando l’epicentro è molto lontano. Servirebbe insomma un’educazione diffusa su come comportarsi in caso di scosse. Per chi abita in città e per chi la governa.
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