Nassirya dieci anni dopo: il ricordo dei familiari

Il brigadiere Coletta
di Mirko Polisano
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Martedì 12 Novembre 2013, 18:56 - Ultimo aggiornamento: 22:08
Quando dolore e ricordo si incontrano. Il 12 novembre del 2003, 17 militari e due civili persero la vita in Iraq, in quella che fu la "Strage di Nassiriya".



In questo triste anniversario, ritornano alla mente le immagini dell'esplosione, dei funerali di stato e delle bare con il tricolore nella basilica San Paolo Fuori le mura a Roma. Margherita è la moglie del brigadiere dei Carabinieri, Giuseppe Coletta. Le lacrime non la fermano e, durante la funzione funebre, prende la parola. Cita il Vangelo e parla di perdono. Sono passati dieci anni da allora e ancora adesso quando le chiedono se è riuscita a perdonare, lei non ha dubbi: «Non me lo pongo il problema - ammette Margherita che oggi ha dato vita anche ad una associazione che porta il nome del marito - non appartiene al cristiano portare odio e rancore. Non mi è mai venuto in mente di odiare nessuno. Condanno l'atto che è stato compiuto, ma non chi lo ha compiuto».



Poi, ripercorre quei momenti. Oggi, esattamente come allora. «Mi ricordo l'ora, i minuti - racconta Margherita - l'ultima volta che mi sono sentita con lui. Tutto riaffiora uguale». Quando parla di suo marito, non nasconde l'emozione e mostra anche l'orgoglio per ciò che Giuseppe faceva. «Era chiamato il Brigadiere dei bambini - continua Margherita - anche in missione all'estero si dedicava a loro per lenire quel dolore che si portava dentro, dopo la perdita di nostro figlio Paolo. Era un uomo semplice con un grande cuore. Era un carabiniere».



Il colonnello Gianfranco Scalas quel giorno era a Nassiriya. All'epoca dei fatti era il portavoce del contingente italiano in Iraq. «I ricordi - afferma il colonnello Scalas, oggi in pensione - sono sempre vivi in ogni momento ed è impossibile dimenticare. Ho sempre detto che dentro quelle divise ci sono persone che hanno cuore, carne ed ossa. Purtroppo, quando succede una tragedia si pensa a ricercare più le responsabilità e i perché, invece di pensare a chi se n'è andato perché crede in qualcosa».



Il Caporal Maggiore Pietro Petrucci aveva 22 anni quando quell'autobomba se lo portò via. Mamma Luisa da quel giorno e per tutti i giorni non fa altro che pensare al suo ragazzo. Il suo dolore è lo stesso di tutti gli altri parenti delle vittime delle missioni in pace: in Iraq come in Afghanistan. Il 12 novembre è la Giornata del Ricordo. I familiari, però, ribadiscono: «non esistiamo solo oggi».
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