Mani pulite, a 22 anni dalla prima tangente il procuratore Greco e l'ex pm Colombo tirano le somme sul caso "Tangentopoli"

di Claudia Guasco
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Martedì 18 Febbraio 2014, 00:12
Milano Chi dimentica il proprio passato condannato a riviverlo.

Per questo ieri al Pirellone, a ventidue anni dalla prima bustarella di Tangentopoli, si è tornati a parlare di mani pulite. A cominciare dai numeri del fenomeno corruttivo, il cui costo per il nostro Paese è stato stimato dalla Corte dei conti in 60 miliardi di euro e con un impatto negativo devastante sull’economia e sulla credibilità dell’Italia.



La Banca mondiale calcola che il peggioramento di un punto dell’indice di percezione della corruzione (CPI) determini la riduzione annua del Pil dello 0,39 per cento e del reddito pro capite dello 0,41 per cento.



NULLA E’ CAMBIATO Gherardo Colombo, uno dei pubblici ministeri dello storico pool milanese di Tangentopoli, è amareggiato per la «grande delusione su come è finita mani pulite nel Paese». E spiega: «Credo ci sia da riflettere molto sul fronte educativo, che conta assai più della repressione penale. Per quanti sforzi facciano i miei colleghi, le difficoltà continuano come prima». Uno dei problemi principali è «la criminalità economica, che non è soltanto una questione italiana», afferma il procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco, a capo della sezione reati fiscali. «C’è la corruzione internazionale, che significa vincere appalti ma anche finanziare dittature in Africa. E poi ci sono alcuni Paesi che spiccano come virtuosi, però nelle indagini risultato tra i maggiori corruttori all’estero». La domanda a questo punto è: «Fino a quando i poveri potranno mantenere i ricchi? Perché la criminalità economica intacca anche le tasche dei cittadini».



TESORO ILLEGALE I dati messi in fila da Greco sono impressionanti. Nelle Isole Cayman vivono 40 mila persone e ci sono 800 mila società, il fatturato dei centri finanziari dei paradisi fiscali ammonta a 18 mila miliardi di dollari, nelle banche elvetiche sui conti intestati a non residenti sono depositati 2.500 miliardi di dollari. Il sommerso in Europa è il 20 per cento del pil, pari a 2.600 miliardi: su questa cifra le tasse non pagate raggiungono gli 850 miliardi, l’equivalente dei bilanci della sanità di tutti i Paesi comunitari. In Italia l’evasione è di 180 miliardi di euro, il non riscosso di Equitalia è di circa 550 miliardi euro. «Nessuno è un grado di tagliare tasse in nel nostro Paese, ma basterebbe portare la riscossione dal 4 all’8 per cento e avremmo già fatto una Finanziaria», rileva il procuratore aggiunto. Insomma, «la politica dovrebbero mirare a contrastare la criminalità economica. Perché i poveri, quelli che pagano le tasse, non possono andare avanti ancora a lungo». Nel 2013 il 64 per cento delle imprese sottoposte a ispezione «era irregolare, se aggiungiamo inquinamento e mafia le cifre messe insieme permetterebbero agli italiani di andare in vacanza gratis».