Il verdetto della nona sezione penale (presidente del collegio Elisabetta Canevini) ha anche suscitato la reazione veemente di amici e familiari degli imputati: hanno inveito contro la magistratura e i giornalisti e una donna ha anche colpito con una mano la videocamera di un operatore della Rai. Il pm Gianluca Prisco, titolare delle indagini, aveva chiesto per i tre condanne anche più alte, fino a 14 anni. Agli imputati non sono state concesse attenuanti generiche. I fatti risalgono alla sera del 13 aprile 2017. La vittima aveva un appuntamento con Coazzotti, all'epoca suo conoscente. Il 29enne, però, si era presentato in auto con gli altri due uomini e il gruppo aveva raggiunto un locale di via Crema, a Milano. Là, secondo il pm, uno degli mputati avrebbe versato le benziodiazepine nel bicchiere della ragazza. I quattro avrebbero poi raggiunto la casa di Caputo, a Bellusco (Monza e Brianza), dove sarebbe avvenuto lo stupro.
Secondo il pm, gli imputati erano convinti che la giovane «dimenticasse l'accaduto» per l'effetto della droga.
La 22enne, invece, una volta tornata a casa il giorno dopo, aveva iniziato a sentire dolore ed era andata alla clinica Mangiagalli, dove i medici avevano accertato le violenze. Dopo la denuncia della ragazza, a dicembre dello scorso anno Coazzotti e Guarnieri erano finiti in carcere. Nelle loro conversazioni a San Vittore, poi, oltre a fare il nome di Caputo, arrestato qualche settimana dopo, avevano commentato così l'ordinanza di custodia cautelare del gip Giovanna Campanile: «Cioè tutto questo per una sco... eh!». I tre durante i loro interrogatori in aula hanno continuato a negare la violenza e i loro i difensori, gli avvocati Eliana Zecca, Guido Camera e Debora Piazza, hanno chiesto le assoluzioni. «La ragazza è debole e condizionabile - ha sostenuto nella sua arringa l'avvocato Zecca - e si accompagna con ragazzi di contesti borderline». I giudici, invece, hanno ritenuto attendibile la versione della giovane, che nella sua testimonianza ha spiegato che, dopo aver bevuto quel drink nel locale, ha provato «una sensazione mai vissuta prima, diversa da quella che si ha quando si beve troppo. Per raccontarlo - ha concluso - bisogna prima provarlo».
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