Traffico di migranti: le falle del sistema, ecco i sottomarini spia

Traffico di migranti: le falle del sistema, ecco i sottomarini spia
di Cristiana Mangani
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Sabato 29 Aprile 2017, 12:03
Solo venerdì ne hanno recuperati in mare 180. Erano a bordo di tre barchini e andavano alla deriva nel Mediterraneo centrale. I mercantili delle Organizzazioni non governative erano ancora una volta lì, poco distanti dalla Libia. La Centrale operativa della Guardia costiera di Roma ne ha rilevato la presenza e ha inviato il segnale alle barche indicate in zona. Così i migranti sono stati salvati, perché la Convenzione Sar (Search and rescue) impone un preciso obbligo di soccorso e assistenza delle persone in mare, e il dovere di sbarcare i naufraghi in un luogo sicuro. Tutto questo è avvenuto mentre altri due Sos venivano lanciati nel tratto di acqua davanti a Gioia Tauro. E' intervenuta la Cp 827 della Guardia costiera e ha recuperato il disperato equipaggio di una barca a vela, con 37 persone a bordo.
Ma il lavoro dei guardiani del mare è continuo e prevede un'area di responsabilità di 500 mila chilometri quadrati. Tanto che dall'inizio dell'anno sono 36 mila i migranti soccorsi dalla Guardia costiera, e 315 le operazioni di intervento. Ed è proprio intorno a questa continua richiesta di aiuto, a questi viaggi della speranza, che si creano le potenziali falle del sistema. Quelle che permettono a tutte le imbarcazioni che si trovano in zona di intervenire il più rapidamente possibile, per evitare tragedie e morti.

LE REGOLE
Il meccanismo funziona così: la Centrale operativa riceve il segnale di presenza di un natante con immigrati a bordo. Segnale che può arrivare con una telefonata al numero dedicato, con la rilevazione satellitare. E a quel punto, la priorità è fare in fretta, perché le nuove regole che guidano il traffico degli esseri umani, giocano proprio sull'elemento del soccorso necessario. Per questa ragione gli scafisti mandano in mare vecchi pescherecci con il legno marcio, gommoni sgonfi e senza motore, trascinati da moto d'acqua fino al confine internazionale. Perché tanto c'è chi li aspetta appena fuori, se non addirittura nelle acque territoriali libiche, visto che è un obbligo per l'Italia pensare prima di tutto alla salvezza del passeggero.

Le Ong sono finite sotto accusa per la loro eccessiva presenza sul campo: si trovano sempre al posto giusto nel momento giusto. E con troppa frequenza. A oggi navigano nel nostro mare tredici navi appartenenti alle Organizzazioni non governative, cinque di queste sono tedesche. Due battono rispettivamente bandiera del Belize e delle Isole Marshall, paesi che non si distinguono per spirito collaborativo con le autorità giudiziarie. Sulle altre sventolano le bandiere di Gibilterra, della Nuova Zelanda e dell'Olanda. Ed è proprio su questi aspetti e, in particolare, sui metodi di finanziamento, che sta cercando di fare chiarezza la procura di Catania. Anche perché, dai primi accertamenti, è stato rilevato che i costi del naviglio di soccorso sono estremamente elevati: dagli 11.000 euro al giorno della nave Acquarius di Sos Mediterranée, ai 400.000 euro mensili che servono quando alle spese per la nave si sommano quelle per il noleggio dei sistemi di localizzazione con droni in territorio libico.

Inoltre le facilitazioni con le quali i migranti riescono a essere soccorsi, stanno creando non pochi problemi al nostro sistema di accoglienza. E ne creeranno di maggiori non appena il bel tempo si farà sentire ancora di più. Il Viminale sta cercando di correre ai ripari e di fare in fretta il più possibile per trovare l'accordo con la Libia. Molto è stato fatto, ma non è ancora sufficiente. In questi giorni, sulle motovedette che abbiamo fornito a Tripoli, navigano i loro ufficiali addestrati in Italia. Avranno un compito non da poco: dovranno controllare 1700 chilometri di costa. Anche se non saranno soli, perché la zona è monitorata pure dalla Marina militare, e in particolare da uno dei nuovi sommergibili avuti in dotazione. Mezzi silenziosissimi che potranno scattare foto digitali e fare rilevamenti senza essere visti. Materiale che servirà per una sorta di schedatura degli scafisti e delle imbarcazioni usate per i traffici.

LE AUDIZIONI
Si cercano, dunque, tutte le soluzioni possibili per limitare i danni del fenomeno. E in attesa che la procura di Catania faccia chiarezza sulle presunte complicità delle Ong, c'è la Commissione difesa del Senato, presieduta da Nicola Latorre, che sta per concludere la sua indagine conoscitiva. La prossima settimana sarà dedicata alle audizioni, con la consapevolezza che la vera soluzione al problema si potrà avere solo con un accordo risolutivo con la Libia. «Un elemento - spiega Lorenzo Battista - che permetterebbe di creare un corridoio umanitario, con un presidio sul suolo libico».
 
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