L’ivoriano ha cambiato atteggiamento da lunedì sera, quando ha seguito in diretta la lettura della sentenza. Proprio lui, che il 27 giugno, ascoltato in aula come testimone, ha accusato Amanda e Raffaele: «Erano lì, nella casa di via della Pergola». Non gli hanno creduto. «Dopo aver conosciuto il verdetto - raccontano in carcere - ha cambiato improvvisamente stato d’animo. È diventato ombroso e teso, diverso dal solito». Non l’ha presa bene. La mattina dopo non ha voluto fare colazione. Non ha mangiato e ha chiesto agli altri detenuti di poter leggere tutti i giornali. «Voleva capire cosa fosse successo, non era più lo stesso Rudy più spensierato».
Dopo l’incontro con il suo legale, le lacrime in cella. Poi il silenzio totale. «È sbottato - racconta Peduzzi - ha pianto. E gli operatori del carcere hanno capito che andava aiutato: gli hanno messo in cella altre quattro persone per distrarlo e farlo chiacchierare». È lì che l’ha trovato Peduzzi, nell’ultima cella in fondo al corridoio dei definitivi, quelli che devono scontare una sentenza non più appellabile. Ben rasato e vestito, ma chiuso in se stesso. «Come hai preso la sentenza?», chiede preoccupato Peduzzi. «Devo andare avanti. Devo farmi coraggio». Una, due. Tre volte. «Tieni duro, sei giovane», insiste il consigliere di Rifondazione comunista. «Andremo avanti», ripete ossessivamente Rudy. Lo sguardo perso e, a questo punto, la speranza nella revisione del suo processo. Perché la botta dell’assoluzione dei due ex fidanzati è stata forte. «Sono a casa. Lei come una star e io sono l’unico che resta in carcere». Intanto a Perugia il presidente della Corte d’assise d’appello Claudio Pratillo Hellmann che ha firmato l’assoluzione di Amanda continua a ripetere: «Solo Rudy sa quel che è successo davvero».
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