Massimo Barra: «Ma la marijuana light non è innocua, si veicola un messaggio pericoloso»

Massimo Barra: «Ma la marijuana light non è innocua, si veicola un messaggio pericoloso»
di Michela Allegri
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Domenica 9 Luglio 2017, 10:39
Per Massimo Barra, dietro alla vendita legalizzata di marijuana light «si nasconde un tentativo di fare passare come innocue sostanze che, in realtà, innocue non sono». Barra, fondatore a Roma della comunità di recupero Villa Maraini ed esponente di spicco della Croce Rossa Italiana e Internazionale, è stato uno tra i primi medici in Italia a prendersi cura a livello professionale dei tossicodipendenti. Svolge questa attività dal dagli anni 70, quando lavorava nel Centro delle Malattie Sociali del Campidoglio, per poi passare, dal 1993 al 1994, all'assessorato alle Politiche della Solidarietà della Provincia di Roma.
Dottor Barra, cosa pensa della produzione di marijuana industriale con un basso contenuto di principio attivo, venduta quindi in modo legale?
«Ho i miei dubbi che si tratti di attività completamente legali, nel senso che negozi di questo tipo mi ricordano molto gli smart shop, che distribuiscono sostanze troppo chiacchierate, spesso fatte passare per innocue, mentre in realtà non è assolutamente così. Io che curo i tossicodipendenti da tantissimi anni posso solo dire che le droghe sono brutte bestie e che il loro consumo non andrebbe incentivato. Soprattutto, non si dovrebbe spacciare per non dannose sostanze che in realtà non fanno per niente bene».
Abbassare il contenuto di Thc non significa quindi rendere innocua la sostanza stupefacente?
«Si tratta sempre e comunque di droghe. Se la sostanza fa effetto è una droga. E se non funzionasse in questo senso dubito molto che verrebbe acquistata. Poi c'è il problema della quantità di consumo. Assumendo in dosi massicce sostanze con un principio attivo basso si ottiene comunque un effetto psicotropo. Dietro business di questo tipo c'è solo di un tentativo di rendere simpatica e accettabile all'opinione pubblica una sostanza pericolosa, sfruttando una fase storica in cui si propende per la tolleranza. Abbassare il livello di Thc è solo un calcolo strumentale».
Per aggirare la legge?
«Diciamo che è uno degli ultimi tentativi di sbianchettatura, per fare apparire moderno e progressista il concetto di droghe leggere. Fare passare certi messaggi, come quello che queste droghe non fanno male, può essere problematico soprattutto per i più giovani e per i soggetti fragili. Sicuramente non è un atteggiamento positivo per la salute della popolazione e a livello educativo».
Quali potrebbero essere i rischi di un atteggiamento di questo tipo?
«Penso che ci sia un problema di superficialità. Noi che da quarant'anni combattiamo la droga a Villa Maraini siamo contrari a trattare argomenti di questo genere con leggerezza. C'è un confine molto labile tra repressione e tolleranza e ormai anche su internet è possibile comprare praticamente di tutto. Il problema è quando passa il concetto che si tratti di sostanze non dannose, in particolare per i più giovani. Si tratta comunque di droghe che vanno a toccare il sistema nervoso centrale, che è una delle parti più delicate dell'organismo, soprattutto in età adolescenziale. Il concetto che dovrebbe passare è che la soluzione al male non è l'illusione del piacere».
Agevolare attività di questo tipo potrebbe incentivare al consumo di droghe pesanti?
«Non dico che il consumo di marijuana è il primo passo verso la tossicodipendenza, però bisogna prestare attenzione ai messaggi che vengono veicolati. Pensiamo a livello statistico: se prendiamo un gruppo di ragazzini che non hanno mai fatto uso di stupefacenti e un gruppo di adolescenti che invece pensano che certe sostanze siano innocue, da dove è più probabile che esca un futuro tossicodipendente?».
 
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