Il rientro di Latorre non diventi l’anticamera di una furbata

di Paolo Graldi
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Venerdì 12 Settembre 2014, 23:53 - Ultimo aggiornamento: 14 Settembre, 11:08
Ritorno a casa, in famiglia, per una convalescenza di quattro mesi. Gi oggi Massimiliano Latorre potrebbe riabbracciare i suoi cari, allentando anche attraverso la medicina degli affetti un’angoscia che lo affligge da due anni.



Il malore del 31 agosto, l’ischemia che ne ha imposto l’immediato ricovero all’ospedale del Kerala per una settimana, sembra risolta ma il peso di un futuro incerto e inquietante resta per il momento intatto. Gli indiani (autorità di governo e magistratura) si sono mossi esibendo un rigore e una severità ad uso e consumo dei media, per lo più ostili, e tuttavia con la cadenza dei tempi locali alla fine è arrivato il nulla osta per la partenza.



Le istanze degli avvocati sono state accolte e tutti si sono aperti ad una sincera soddisfazione. Il risultato è stato conseguito, come tutto in questa vicenda, con fatica: la Suprema Corte, ricevuta l’istanza, ha chiesto al governo centrale se mai vi fossero indicazioni contrarie alla concessione del visto di rimpatrio, il governo non si è opposto e gli alti magistrati hanno preteso di cautelarsi impegnando il nostro ambasciatore a Delhi Daniele Mancini al rispetto dei patti.



In aggiunta hanno chiesto, leggi preteso, da Latorre una garanzia scritta «non ambigua e non equivoca», il che non rappresenta il massimo della fiducia, considerando che i due fucilieri (in servizio antiterrorismo su una grande nave commerciale, la Enrica Lexie) accusati di aver ucciso in acque internazionali due pescatori sono detenuti in India da due anni, sono regolarmente rientrati dopo una breve vacanza natalizia.



Il processo è di là da venire e la cronologia della vicenda si iscrive in una trama giuridico-giudiziaria che deve molto alla temperie politica in quei luoghi. Comunque sia, Latorre torna in Italia a curarsi on la promessa solenne di riprendere la via dell’India tra centoventi giorni. Il suo compagno di sventura, il fuciliere di Marina Salvatore Girone, resta al suo posto, virtualmente in ostaggio della giustizia indiana e i suoi infiniti ghirigori procedurali, sicché ad oggi la scottante pratica è, si può dire così, ancora in alto mare. Senza date, senza contestazioni precise, di fronte a un futuro vago, fumoso, incerto.



I nostri governanti sono ottimisti. Il premier Renzi si è congratulato con il premier Modi: collaborazione con la Giustizia indiana e stima per Modi e il suo governo con cui lavoreremo insieme su tanti fronti.



Anche il ministro della Difesa Roberta Pinotti, che accorse con lucida immediatezza al capezzale di Latorre malato per un tangibile segno di vicinanza solidale, è soddisfatta perché l’atto dimostra la sensibilità di quei giudici ed anche la collega Federica Mogherini, tuttora responsabile degli Esteri, si complimenta; tutti riaffermano la determinazione per una soluzione definitiva in tempi rapidi. Molto più rapidi, evidentemente, di quelli scanditi finora dalla tempistica giudiziaria utilizzata fin o ad ora.



Il governo lavora con intensità alla vicenda, questo è chiaro. E non intende esporsi a polemiche di basso rango, offrendo argomenti alla polemica, evitando accuratamente colpi di coda, esercizi d’enfasi patriottica ad uso interno. Vedi gli isterismi di Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia. Il quadro complessivo dovrebbe rassicurare chi conta in una composizione della “vertenza” attraverso dosi massicce di diplomazia e di giurisprudenza verso un Paese con il quale abbiamo solide e fruttuose relazioni in molti campi. La tentazione di infilarsi come pure tra tanti errori, contorsioni inutilmente muscolari è accaduto nel recente passato, attraverso azioni a sorpresa, rifiuto di stare ai patti, sarebbe la via più sbagliata e rischiosa.



La convalescenza del marò Latorre non può e non deve trasformarsi nell’anticamera della solita furbata all’italiana. Come dire agli indiani: una volta li abbiamo riconsegnati, una seconda volta marameo. La storia è già abbastanza triste e umiliante per non trasformarla in una farsa internazionale. Che vinca la ragione, per favore.