Mare nostrum malato cronico, nel Lazio inquinamento da record

Mare nostrum malato cronico, nel Lazio inquinamento da record
di Michela Allegri
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Sabato 12 Agosto 2017, 08:39 - Ultimo aggiornamento: 18:13

Cariche batteriche elevate, rifiuti galleggianti al largo e spiaggiati a riva, pesci tossici, alghe infestanti e scarichi fognari non depurati. Un viaggio via mare dalla Liguria al Friuli, per scoprire che il 40% dei campioni di acqua prelevati lungo tutto il litorale italiano risulta altamente inquinato. Emerge dal rapporto 2017 di Goletta Verde di Legambiente, l'imbarcazione dell'associazione ambientalista che ha veleggiato per 7.412 chilometri di costa, riscontrando «ben 38 malati cronici, cioè aree risultate inquinate negli ultimi 5 anni».

Su 260 punti esaminati, sono 105 quelli in cui c'erano batteri «oltre i limiti di legge è scritto nel documento presentato ieri con un inquinamento legato alla presenza di scarichi fognari non depurati». Sul gradino più alto del podio, in negativo, c'è il Lazio, seguito da Calabria, Campania e Sicilia. A preoccupare, la grande quantità di marine litter, i rifiuti che galleggiano in mare e quelli che sono arenati sulle spiagge. Ed è solo la punta dell'iceberg, se si considerano anche quelli che giacciono nei fondali. Nel 96% di casi, si tratta di prodotti in plastica: buste, teli, reti e lenze, frammenti di polistirolo e bottiglie. Legambiente ha già presentato undici esposti alle Capitanerie di Porto, uno per ogni regione in cui sono state riscontrate situazioni critiche, sulla base della legge sugli ecoreati approvata nel 2015 e che ha introdotto i delitti ambientali nel codice penale.

IL LAZIO
In 360 chilometri di litorale laziale sono emersi otto punti critici. Dalla Foce del Fiume Marta a Tarquinia a quella del Fosso Zambra a Cerveteri, passando per la Foce del Rio Vaccina a Ladispoli e per quella del fiume Arrone a Fiumicino. Livelli d'inquinamento pesanti sono stati rilevati anche nella Foce del Tevere a Roma e in quelle del Rio Torto a Pomezia, del Fosso Grande ad Ardea e del Rio Santacroce nella spiaggia di Gianola, a Formia. Nel Lazio, in totale, sono stati analizzati 23 punti, di cui 12 presso le foci e 11 presso le spiagge. Dieci campionamenti hanno presentato valori degli inquinanti al di sopra dei limiti di legge. In 9 casi si trattava di aree risultate fortemente inquinate. «Chiediamo alle capitanerie di porto di avviare approfondimenti specifici su tutti i canali attraverso i quali, vergognosamente, liquami non depurati e sostanze nocive arrivano in mare, anche e soprattutto nei pressi di spiagge molto frequentate», spiega Roberto Scacchi, presidente di Legambiente Lazio.

Nella classifica negativa, il litorale laziale è seguito da quello della Calabria, con 7 siti altamente compromessi, come la spiaggia in località Sabbie Bianche, alla Foce del torrente Menga, a Reggio Calabria, e il mare a Le Castella, frazione di Isola di Capo Rizzuto. In Sicilia le località inquinate sono 5. La stessa cosa vale per la Campania.

I PARAMETRI
Dall'indagine microbiologica di Goletta Verde è emersa la presenza di batteri come enterococchi intestinali ed escherichia coli in quantità «inquinanti», quindi superiori rispetto ai valori previsti dalla normativa sulle acque di balneazione, e anche in quantità «fortemente inquinati», con dati negativi che doppiano i limiti di legge. I prelievi e le analisi sono stati eseguiti dal laboratorio mobile di Legambiente il 4 e il 5 agosto scorsi. Su 260 punti monitorati, 105 campioni di acqua sono risultati inquinati da cariche batteriche, a causa della presenza di scarichi fognari non depurati. In 86 punti, il giudizio è stato di «mare fortemente inquinato». In questo caso, l'87 per cento dei campionamenti è stato effettuato nei pressi di acque di scarico e di foci di fiumi e torrenti. Il 13 per cento, invece, arriva da spiagge affollate da turisti.

«Il mare italiano continua a soffrire per la presenza di numerosi scarichi non depurati che continuano a riversarsi in mare - ha dichiarato Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente - i dati confermano la gravità della situazione». Il senso dell'iniziativa, spiegano dall'associazione ambientalista, «è dimostrare l'inadeguatezza del servizio di depurazione delle acque. Per questo le analisi vengono fatte in particolare in prossimità di foci, canali e fossi, con l'obiettivo di dimostrare come ancora oggi siano ricettacolo di scarichi non depurati e costituiscano la principale fonte di emissione di inquinanti in mare». Nel 18 per cento dei punti monitorati dei tecnici di Goletta Verde, in effetti, è stata riscontrata la presenza di rifiuti da mancata depurazione.

RIFIUTI IN SPIAGGIA
Su 46 spiagge controllate «sono stati trovati quasi 7.000 cotton fioc, frutto della cattiva abitudine di buttarli nel wc e dell'insufficienza depurativa», si legge nel rapporto. Il Mediterraneo, osserva Legambiente, «è uno dei mari più minacciati dai rifiuti che galleggiano e da quelli spiaggiati, frutto della cattiva gestione a monte, dell'abbandono consapevole e della cattiva depurazione». Nelle acque sono stati rinvenuti in quantità massicce anche assorbenti blister e salviette. Il cambiamento climatico è un altro problema: l'aumento delle temperature e della salinità del Mediterraneo ha facilitato l'arrivo di specie aliene, come pesci tossici, granchi tropicali e alghe infestanti. Si contano più di 800 organismi, circa 600 vivrebbero stabilmente nel nostro mare.

Legambiente ricorda poi che sull'Italia «pesano già due condanne e una terza procedura d'infrazione, che coinvolgono 866 agglomerati, di cui il 60 per cento in sole tre regioni: Sicilia, Calabria e Campania». L'associazione aggiunge anche che «dal primo gennaio 2017 dobbiamo pagare all'Europa 62,7 milioni di euro una tantum, a cui si aggiungono 347mila euro per ogni giorno sino a che non saranno sanate le irregolarità».

Non è tutto. L'Italia risulta agli ultimi posti in Europa per la depurazione. Emerge dal portale «Urban waste water treatment directive site for Europe», che riporta che «al 2014 in Italia solo il 41 per cento del carico generato subisce un trattamento conforme alla direttiva, rispetto a una media europea del 69 per cento. Su 28 paesi l'Italia è al ventitreesimo posto». Inoltre, «gli scarichi relativi a 577mila abitanti non subiscono alcun trattamento depurativo» e «il dato relativo agli impianti di trattamento risulta conforme a poco più della metà a livello nazionale, ovvero il 54%».
La situazione migliore è stata riscontrata in Sardegna, che si distingue con sole 5 zone critiche.

A seguire c'è Puglia. In alto Adriatico, anche per la forte siccità che ha ridotto le portate di fiumi, fossi e canali che sfociano nel mare, condizioni positive sono state segnalate in Emilia Romagna e Veneto.

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