Mafia, boss al voto a Palermo per eleggere il nuovo padrino

Mafia, boss al voto a Palermo per eleggere il nuovo padrino
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Venerdì 11 Dicembre 2015, 11:55 - Ultimo aggiornamento: 12 Dicembre, 19:33

Bacio sulla fronte al padrino, votazioni per eleggere i vertici della cosca ormai però ridotta a un pugno di uomini. Le indagini dei carabinieri - che hanno fermato sei persone anche per omicidio - hanno sollevato il velo sul mandamento di Santa Maria di Gesù, un tempo uno dei più potenti in Sicilia sotto lo scettro di Stefano Bontade, e mostrano una nuova Cosa nostra. Le telecamere e le microspie degli investigatori hanno ripreso le riunioni con i discorsi dei mafiosi sulle elezioni e i baci che a turno davano in fronte al nuovo padrino Giuseppe Greco, un rito rispettato da tutti anche da Salvatore Profeta, consigliori del boss, vecchio uomo d'onore scarcerato dopo il processo di revisione per la strage di via D'Amelio a Palermo, e finito nuovamente in carcere un mese fa. Il bacio in fronte era già stato documentato nell'inchiesta che aveva portato in carcere Profeta.

La vicenda è stata intercettata nel corso dell'operazione antimafia «Torre dei diavoli», dall’antico nome della zona oggi corrispondente al rione Guadagna, che ha interessato la famiglia di Santa Maria di Gesù nel quadro dell'omicidio di Salvatore Sciacchitano e il ferimento di Antonino Arizzi. I fermati sono il boss Giuseppe Greco, 53 anni, Domenico Ilardi, 19 anni, Gabriele Pedalino, 19 anni, Lorenzo Scarantino, 21 anni, Francesco Urso, 32 anni, Giuseppe Natale Gambino, 57 anni.

«Le intercettazioni effettuate nel corso di questa indagine danno un contributo eccezionale alla ricostruzione dell'organizzazione di Cosa nostra, confermando quanto finora era stato detto solo dai collaboratori di giustizia». A parlare di «intercettazioni straordinarie» è il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi. «Piu volte nei discorsi - ha detto il procuratore - viene fuori l'obbligo di obbedienza al capo che viene definito 'principalè». Attraverso le cimici, ascoltando le conversazioni dei boss, gli investigatori hanno trovato conferma agli schemi organizzativi dei clan e individuando esecutori, mandanti e movente di un omicidio. «Nelle intercettazioni - ha aggiunto Lo Voi - i mafiosi operano un autoriconoscimento della loro appartenenza a cosa nostra, del territorio e delle regole che restano immutate».

Dall'inchiesta emerge la suddivisione in mandamenti e famiglie e il ruolo del capo, nominato elettivamente, del sottocapo, designato dal capo e, in caso di bisogno, del reggente.

«Cosa nostra mutua le regole che disciplinano le elezioni dei capi dei clan dal sistema politico. Lo dicono esplicitamente in una intercettazione, si usa proprio l'espressione 'come le fanno i politicì», spiega Lo Voi. Dalle intercettazioni viene fuori che gli affiliati votano a scrutinio palese. «Ad alzata di mano, per vedere l'amico», dicono i boss, contrariamente al passato in cui si ricorreva alle urne. Le elezioni riguardano solo le cariche di capofamiglia e consigliere, per i ruoli minori la parola spetta al capofamiglia che designa i propri collaboratori a proprio giudizio insindacabile. «Questa indagine - ha spiegato Lo Voi - è straordinaria in quanto i mafiosi intercettati parlano delle proprie regole e della propria organizzazione ed anche della propria storia». Il riferimento è alla conversazione in cui il capo storico della famiglia di Santa Maria di Gesù, Stefano Bontate, viene definito «il principe». Commentando l'assassinio di Bontate i mafiosi dicono «il generale non ne ha mai vinto guerre senza soldati» sottolineando il tradimento subito dal boss che vide i suoi stessi collaboratori schierarsi con i mafiosi nemici, i corleonesi di Totò Riina.

 

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