«Per quanto i motivi che hanno mosso l'imputato non siano assolutamente condivisibili nella moderna società occidentale - scrive la Suprema Corte nella sentenza 51059 depositata oggi - gli stessi non possono essere definiti futili, non potendosi definire né lieve né banale la spinta che ha mosso l'imputato ad agire».
Anche la circostanza che il padre dopo aver saputo del disonore che il comportamento della figlia aveva gettato sulla famiglia abbia meditato il delitto per una notte intera, è un lasso di tempo troppo breve per parlare di «premeditazione» con la relativa aggravante. Per questo gli «ermellini» hanno annullato con rinvio, limitatamente alle aggravanti della premeditazione e dei futili motivi, la condanna a sette anni di reclusione inflitti ad Hamed Ahamed dalla Corte di Appello di Milano, il 7 novembre del 2012, per il tentato omicidio della figlia commesso nel capoluogo lombardo la mattina del quatto settembre 2011 nell'abitazione familiare. Ora la Corte di Appello deve riesaminare il caso ed essere più clemente.
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