Ischia, Ciro ha salvato i fratellini: «Io sono invincibile»

Ischia, Ciro ha salvato i fratellini: «Io sono invincibile»
di Raffaella Troili
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Mercoledì 23 Agosto 2017, 07:58 - Ultimo aggiornamento: 19:59

dal nostro inviato

ISCHIA Un eroe ma pur sempre un pulcino ammaccato. Un Pollicino che invece di lasciar cadere sassolini si arrangia da adulto, guarda la luna e non perde la speranza. Lo sguardo giudizioso solo all'apparenza da duro, steso esausto finalmente in un letto d'ospedale. È tornato ad essere il bambino di 11 anni, Ciro, che ha accudito il fratello Mattias di 7 anni, l'ha spinto avanti per far tornare alla luce prima lui, facilitato le ricerche, mantenuto la calma. E che solo dopo aver passato 16 ore sotto le macerie è crollato e ha iniziato a gridare ai soccorritori «Fateci uscire, aiutateci» e i vigili del fuoco a ripetergli «tranquillo stiamo arrivando», e lui a ribattere «bugiardi, è da ieri che me lo dite». Si è tranquillizzato solo quando ha intravisto le divise scavare intorno a lui, poteva muovere solo un piedino. Ora Ciro ricorda uno per uno i nomi dei suoi di eroi, accudito dai familiari e dai medici dell'ospedale Rizzoli di Lacco Ameno.

LA PAURA
Ai sanitari ha detto «Io sono invincibile», ma aveva gli occhi spaventati di chi inizia a elaborare quanto ha appena vissuto. Di chi ha bisogno solo dell'abbraccio di mamma. Correndo verso la sua famiglia è scoppiato a piangere, scatenando a catena il pianto di medici e infermieri. Ha gli occhi sconvolti dirà il cappellano dell'ospedale, però hanno voglia di mangiare brioche e pizza, raccontano nell'ospedale dove il più vispo sembra Pasqualino, che tra un pianto e una pappa, accudiscono tutti.

IL SANGUE FREDDO
Riavvolgiamo il nastro: sotto le macerie della sua casa sbriciolata sotto l'onda del sisma di Ischia ha avuto il sangue freddo di badare al fratellino, erano in cucina quando la loro cameretta gli è precipitata sopra. Una delle reti del letto a castello gli è caduta addosso, proteggendolo durante la scossa ma rendendo poi più difficili i soccorsi.

LA GABBIA
In quella sorta di gabbia coperta di macerie, massi, solai, ha capito che doveva pensare al fratellino di pochi mesi, Pasqualino, che piangeva chissà dove, a Mattias che è vicino a lui e va abbracciato e consolato, alla mamma Alessia incinta di sette mesi (presto arriverà Dalila), che è ricoperta di detriti nel bagno, al suo secondo papà Alessandro che finito sotto un tettoia. Il suo grido disperato è il richiamo che cercano i pompieri. Perché se i genitori sono i primi ad essere salvati, dei tre bimbi non c'è traccia. Allora ci pensa lui, «siamo qui salviamoci, Pasqualino lo sento è a pochi metri, ma che siete solo in due, non ci salverete mai...».

Intanto tiene alto il morale di Mattias, ci litiga apposta per non farlo addormentare, passano un po' di tempo a giocare a morra cinese, sasso, carta, forbici, ma poi si stancano sono pressoché immobili. Chiede acqua, aria, una volontaria toscana gli sussurra parole dolci e solo quando lo vede venir fuori finalmente da quella montagna di detriti, piange e intorno a lei, tutti scoppieranno in lacrime. Ma prima Ciro ha già commosso, perché sotto le macerie ha avuto il garbo di ringraziare i soccorritori, di sussurrare «vedo la luna» e dare lui una speranza ai suoi eroi.

Due uomini riescono ad avvicinarsi a lui e gli gridano amorevoli: «Ciro devi vivere, non ci deludere, siamo in tanti ad aspettarti fuori, dai che poi andiamo a mangiarci una pizza». La mamma segue le operazioni, i suoi pianti straziano il silenzio, come tutti gli eroi sarà proprio Ciro dopo le 13 l'ultimo ad esser salvato, riportando solo una frattura al terzo metatarso. Viene portato in trionfo su un barella, i vigili del fuoco si abbracciano e lo abbracciano.

«Non abbiamo più niente, ma in realtà abbiamo tutto» ride e piange papà Alessandro davanti alla camera dell'ospedale. Sono sani e salvi, un nido si rifarà.
 

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