Crescono i morti sulle strade, il presidente Asaps: «Serve la riforma del Codice della Strada»

Crescono i morti sulle strade, il presidente Asaps: «Serve la riforma del Codice della Strada»
di Franca Giansoldati
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Martedì 2 Gennaio 2018, 20:13
Roma «Sei morti sulle strade oggi, cinque ieri. Il bilancio degli incidenti stradali è sempre più tragico, basti pensare che dai dati Istat - nei primi sei mesi del 2017 - le vittime della strada sono aumentate dell’8 per cento anche se sono diminuiti i feriti e il numero degli incidenti». A commentare quello che è accaduto sulla A21 fra l’uscita di Brescia e quella di Manerbio, dove un tir ha tamponato un’auto che, a sua volta, ha colpito un altro camion innescando una esplosione terribile, è  Giordano Biserni, presidente dell’ASAPS, l'Associazione Sostenitori ed Amici della Polizia Stradale, una realtà che da vent’anni si batte per la sicurezza stradale. «Mi auguro che il tema della sicurezza stradale venga inserito nella campagna elettorale di tutte le forze politiche, mi auguro che la riforma del Codice della Strada possa riprendere il cammino che si è impantanato al Senato perché nessuno, in fondo, lo appoggiava».

Perché i morti sulle strade sono aumentati dell’8% anche se sono diminuiti gli incidenti?
«La risposta è semplice: il sistema sicurezza sulle strade è in una fase di declino. Dopo l’approvazione normativa dell’omicidio stradale la riforma complessiva è finita nel dimenticatoio. Di conseguenza non ci sono provvedimenti sacrosanti. Penso per sempio alla tutela dei ciclisti. Penso anche al fatto che a nessuno viene tolta la patente se guida con il telefonino anche se questo comportamento è alla base di incidenti gravissimi. Io spero davvero che si torni a parlare seriamente di sicurezza e che l’argomento venga riesumato dal prossimo governo».

Potrebbe essere inserito nella campagna elettorale…
«Si, si.. potrebbe. Peccato però che finora non si sia sentita una sola parola. Bisogna pensare a come proteggere la vita di chi va in auto, di chi viaggia. Naturalmente non è solo un problema nazionale di tipo giuridico perché riguarda anche la mentalità degli italiani».

In che senso?
«Viviamo in un Paese che rifiuta sistematicamente le logiche del controllo. Per esempio quelli sulla velocità. Vogliamo (giustamente) gli autovelox vicino alla scuola dei nostri bambini ma poi li contestiamo sulle strade che percorriamo. Se si osservano le sentenze emesse dai tribunali si vedono che sono assai creative e fantasiose e che si inseriscono in un percorso che tende ad assegnare il 15 per cento di tolleranza agli autovelox. Questa deriva è negativa anche dal punto di vista didattico, per la collettività. Ecco perché noi che ci occupiamo ogni giorno di insegnare la sicurezza stradale denunciamo una evidente fase di declino».

C’è però stata l’introduzione dell’omicidio stradale..
«E’ stato un passaggio positivo, così come lo è stata la patente a punti del governo precedente. Tuttavia resta tanta strada da percorrere per garantire sicurezza».

L’incidente sulla A21 poteva essere evitato?
«Non conosco le dinamiche ma mi affiorano alcune domande. Se c’era sulla carreggiata un restringimento è stato segnalato? Le distanze disicurezza sono state rispettate? E le velocità?».
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