LA RETE
Che la situazione sia andata peggiorando negli ultimi due mesi e che il caos libico abbia rafforzato l'interesse delle milizie islamiche nel traffico di esseri umani le autorità italiane ne hanno avuto contezza dalla presenza di scafisti armati di kalashnikov, che non hanno esitato a sparare contro le motovedette italiane pur di impedire il sequestro delle imbarcazioni. Ma ci sono anche numerose intercettazioni che hanno portato, tre settimane fa, il gup Palermo Daniela Cardamone a spiccare un mandato d'arresto internazionale nei confronti di tre presunti trafficanti di esseri umani. Uno di questi, Ghermay Hermias, quarantenne etiope che da anni vive in Libia, parlando al telefono con uno scafista gli prospetta incassi record: «ho raccolto un milione di dollari con l'ultimo barcone». Di lui gli investigatori sanno quasi tutto: gestisce una fattoria dove nasconde fino a 600 clandestini e si sposta tra i porti di Garabulli, Zawia e Zuwara. Per ciascun viaggio chiede tra i 1.200 e i 1.600 dollari a testa e al telefono vanta buoni contatti con la «polizia libica». Il secondo nome nella lista dell'Interpol è quello di John Maray, sudanese che si sposta tra Khartoum e la Libia. Viene considerato una persona affidabile. «Per organizzare i viaggi - confida al telefono ad un altro trafficante - vanno rispettati determinati fattori e cioè che le partenze non devono avvenire col mare in tempesta e non bisogna dare adito alle lamentele dei migranti».
L'EGIZIANO
Il terzo è invece un eritreo, Shamshedin Abkadt, latitante. Potrebbe invece trovarsi in Turchia un altro boss, 32 enne, del Nord dell'Egitto, le cui intercettazioni sono finite agli atti di un'inchiesta della procura di Catania. E' Ahmed Mohamed Farragh Hanafi, considerato uno dei capi del traffico illegale di profughi siriani ed egiziani. Capace di organizzare tutto nel minimo dettaglio, anche l'assistenza legale per gli scafisti fermati a Catania: «L'avvocato ti sta arrivando direttamente, gli sto mandando dei soldi».