Ilva, da Taranto valanga di sì a Mittal. L'accordo passa con il 94% dei voti

Ilva, da Taranto valanga di sì a Mittal. L'accordo passa con il 94% dei voti
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Giovedì 13 Settembre 2018, 18:49 - Ultimo aggiornamento: 21:15
L'Ilva non chiude. I lavoratori del gruppo Ilva hanno detto sì all'arrivo di ArcelorMittal, il colosso mondiale dell'acciaio che dal 15 settembre, attraverso la sua controllata Am Investco Italy, sarà il nuovo proprietario del gruppo siderurgico Italiano e ne avvierà la riconversione. I lavoratori hanno detto «Sì» con un risultato plebiscitario di voti in tutto il gruppo pari al 93% (in numeri assoluti 8.255 votanti), percentuale che sale al 94% nella sola Taranto dove però quelli che non hanno votato sono stati numerosi. Sui 10.805 aventi diritto al voto (come risulta dal verbale della Commissione Referendaria) al Siderurgico hanno votato solo in 6.866, una percentuale di affluenza pari al 63,5%. I «Sì» a Taranto sono stati 6.452.

Responsabile di questo calo di affluenza sarebbero le ferie e la cassa integrazione. Ieri anche a Genova i «Sì» sono stati plebiscitari e hanno toccato il 90%. Percentuali bulgare anche negli altri siti Ilva: Novi Ligure (89,4%), Racconigi (84%), Milano (86%), Paderno Dugnano (94%), Salerno (93,1%) a Padova/Legnaro i 28 dipendenti Ilva sono stati tutti favorevoli (100%), solo a Marghera i «Sì» hanno segnato un modesto 63%. Esultano i sindacati, ma anche i due ministri - Luigi Di Maio e Carlo Calenda - che, per quanto politicamente avversari, si sono impegnati per far risanare e ripartire la prima acciaieria d'Europa con l'obiettivo che adesso diventi anche la fabbrica di acciaio più innovativa e meno inquinante d'Europa.

«Tutte le nostre forze sono ora impiegate nel vigilare attentamente affinché il piano ambientale sia rispettato al millimetro», avverte Di Maio soddisfatto per il risultato. Mentre Calenda fa i complimenti «a sindacati e lavoratori» e tira anche lui un sospiro di sollievo: «Finalmente si parte». L'Ilva non si chiude. Ci sono voluti 6 anni di tempo dal sequestro dell'area caldo, 12 decreti salva Ilva e decine di scioperi per avere un accordo che a Taranto non accontenta tutti, ma, ricorda Di Maio: «È il miglior risultato possibile nelle peggiori condizioni possibili».

I lavoratori lo hanno capito, ma anche ArcelorMittal. «Questo accordo - dice soddisfatta il segretario generale della Fiom Francesca Re David - dimostra che le multinazionali possono investire nel nostro Paese conservando le tutele, a partire dall'articolo 18, dal mantenimento degli attuali livelli salariali e garantendo tutta l'occupazione». Soddisfatto il segretario della Uilm Rocco Palombella, sempre irriducibile, lui nato e cresciuto professionalmente e sindacalmente a Taranto, di fronte alla parola «esuberi». «Sin dall'inizio abbiamo ribadito che non avremmo firmato alcun accordo che prevedesse licenziamenti e il mantenimento dei diritti acquisiti.

E i lavoratori hanno apprezzato il risultato», dice Palombella.
Lo spettro chiusura dell'Ilva «è stato finalmente fugato» prosegue ricordando i momenti di una delle vertenze più difficili e complesse mai vissute dal Paese. Il segretario della Fim-Cisl Marco Bentivogli si toglie qualche sassolino: «Il fatto che lo spettro della chiusura abbia per lungo tempo aleggiato su Taranto dimostra l'immaturità delle nostre classi dirigenti. Il ministro Di Maio dovrebbe dirci 'graziè e non attaccarsi medaglie al petto. Siamo andati avanti a discutere della chiusura dell'Ilva in un momento in cui la domanda di acciaio è ripartita e le nostre aziende sono costrette a rifornirsene in Germania». «Saremo davvero soddisfatti solo quando la multinazionale manterrà gli impegni assunti e saranno così garantiti ai lavoratori e alla città di Taranto salute, ambiente e occupazione», concludono i rappresentati del sindacato di base Usb, Francesco Rizzo e Sergio Bellavita.
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