Il pressing dell'Italia sull'Europa per riaprire le porte alla Turchia

Il pressing dell'Italia sull'Europa per riaprire le porte alla Turchia
di Marco Ventura
2 Minuti di Lettura
Lunedì 5 Febbraio 2018, 10:11
«Desideriamo la piena adesione all'Unione Europea». Il presidente e leader turco Recep Tayyp Erdogan lo ha ribadito anche alla vigilia del viaggio a Roma. E l'Italia, nella tradizione di tutti i governi di qualsiasi colore, lavora per la ripresa del negoziato.
Fonti governative sottolineano i buoni rapporti economici tra Italia e Turchia (17 miliardi di euro di interscambio) ed esprimono il rammarico perché nel momento in cui sembrava prossimo l'avvicinamento alla Ue, altri Paesi decisero di bloccarlo.
Il riferimento è all'allora presidente francese Nicolas Sarkozy. Oggi, sostengono le fonti, «è inevitabile congelare il negoziato, ma farlo saltare sarebbe inutile, anzi peggiorerebbe la situazione». Questa è da sempre la posizione italiana.
E proprio il clima d'amicizia nel quale si svolge la visita consente all'Italia di sollecitare al presidente turco l'uscita dallo stato d'emergenza dopo il fallito golpe del 2016, e manifestare la preoccupazione per i rischi della campagna militare alla frontiera fra Turchia e Siria con l'offensiva turca contro i curdi siriani di Afrin.

I RUOLI
L'Italia, quindi, mediatrice fra la Turchia e l'Unione Europa, in considerazione dell'importanza del ruolo svolto da Ankara pilastro della Nato, protagonista nel Medio Oriente, decisivo per la stabilizzazione di un Paese strategico per noi qual è la Libia, e in generale per la regolazione dei flussi migratori dall'Asia.
Le stesse fonti liquidano la polemica sulla mancata previsione di una conferenza stampa conclusiva, sottolineando che si tratta di una visita, di fatto, di un giorno, che include il Vaticano. Tempi ridotti, nessuna possibilità d'incontrare i giornalisti.
Ma quanto sia importante che la Turchia possa entrare nella Ue lo spiega il presidente dell'Istituto affari internazionali (Iai), già commissario europeo e rappresentante dell'Italia presso la Ue, Ferdinando Nelli Feroci: «È un Paese demograficamente giovane, con una economia in sviluppo a tassi di crescita incredibilmente più alti di quelli della media europea, con un ruolo centrale nel Mediterraneo e in Medio Oriente».
Osserva Nelli Feroci che i problemi nascono dal fatto che si tratta di un Paese «islamico, sempre più islamizzato», che porrebbe problemi concreti di integrazione proprio in virtù del suo peso economico e del fatto di essere in prospettiva «il Paese più popoloso».
In passato alcuni Stati europei si sono opposti all'adesione della Turchia, nonostante le imponenti riforme economiche adottate.

NEGOZIATO INCERTO
Ora pesano sul negoziato la svolta dopo il fallito golpe del 2016 e le accuse di mancato rispetto dei diritti umani. «Ciò non toglie - avverte Nelli Feroci - che l'Europa ha tutto l'interesse a mantenere un rapporto di collaborazione con la Turchia, che non solo ci aiuta a gestire i flussi migratori attraverso un accordo che alla Ue costa caro ma funziona, ma è anche fattore decisivo nella regione come vediamo in Siria, e membro della Nato».
© RIPRODUZIONE RISERVATA